Pillole di SpiritualiTà
La grazia di Dio sarà il vostro conforto. (dalle Memorie di suor Lucia)
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“Decentrare” il cuore da se stessi, per “concentrarlo” in Cristo
intervento di Don Luigi Maria Epicoco
Se siamo qui, è perché qualcosa ci accomuna: Fatima. In quel messaggio, in quella spiritualità, abbiamo riconosciuto una strada per vivere il nostro Battesimo. La Chiesa ci dice che in Fatima – come in tutte le “mariofanie” riconosciute autentiche – vi è uno “strumento buono” per poter vivere il nostro Battesimo. Se siamo qui, è perché siamo convinti che questo messaggio ci sostiene ed è un aiuto per ciascuno di noi.
La cosa che colpisce, nell’esperienza di Fatima, è ovviamente il rapporto che Maria Santissima instaura con i Pastorelli. Ognuno di loro è come se mostrasse, con la propria vita, uno degli aspetti più importanti del messaggio di Fatima. Essi sono stati estremamente trasparenti alla Grazia, capaci di riflettere, senza manometterlo in nessun modo, il messaggio del Vangelo.
La Creatura, su cui la luce di Cristo riesce di più a risplendere, attraversando la sua Persona, è proprio Maria. Nella descrizione che ne dà Lucia stessa, la luce passa attraverso questa Donna. Questa Donna è luce: ma la luce di Maria non è una luce propria, Ella splende della luce di Dio.
Dio può riflettersi dentro questa Donna, senza trovare alcun impedimento.
Quando affermiamo che Maria è Immacolata, intendiamo dire che in Lei non c’è alcun impedimento alla luce. Ella è completamente trasparente all’azione di Dio.
Anche noi dovremmo diventare quanto più trasparenti all’azione di Dio, lasciandoci attraversare dalla luce, per poterci vedere nella luce, così come successe a Francesco, Giacinta e Lucia che, durante le apparizioni, si vedevano nella luce e vedevano se stessi dentro questa luce. Attraverso di loro, la luce arriva a tutta l'umanità e giunge fino a noi. Oggi, questa mattina, noi continuiamo a parlare dell’esperienza di questi tre bambini, avvenuta in uno sperduto villaggio del Portogallo, perché la luce è passata attraverso di loro ed è giunta fino a noi, ha toccato la nostra vita.
Nel messaggio di Fatima troviamo alcune parole che non sembrano essere più “alla moda”. Penso che anche questa sia una sorta di lotta del male contro il bene: il tentativo, cioè, di bloccare la potenza di alcune parole.
Quasi mai, oggi, si parla di “Riparazione”, di “penitenza”, di “peccato”. Sembra che questi termini non dicano più nulla all’uomo contemporaneo e questo è sbagliato. Questo tipo di linguaggio forse va tradotto e spiegato nuovamente, ma certamente non va lasciato da parte, non va messo in un cassetto dicendo: “Queste cose che potevano funzionare un secolo fa…oggi questa proposta non è più attuale né attuabile”.
In realtà, il messaggio di Fatima è sempre un messaggio attuale, contemporaneo. Benedetto XVI diceva che la profezia di Fatima non si è esaurita nel passato, ma è qualcosa che continua a estendersi nel tempo e che ci offre costantemente una chiave di lettura del presente, in prospettiva del futuro. Ognuno di noi, nel riflettere questo Carisma, nel riflettere questo tipo di spiritualità, deve domandarsi in che modo tale Carisma è vero oggi e come può parlare all’uomo di oggi.
I Pastorelli sembrano aver attualizzato una parte di questa spiritualità: ognuno di loro è diventato il rappresentante più decisivo di un aspetto specifico. Nella vita cristiana c’è sempre questa dimensione: mettere in evidenza la diversità. Maria non ha “uniformato” questi tre bambini: essi rimangono profondamente diversi tra loro, anche nel modo di percepire quell’incontro.
Lucia può vedere, ascoltare e parlare; Giacinta può vedere e ascoltare, ma non parla; Francesco può solo vedere: non parla e non ascolta. Ognuno prende, di questo messaggio, ciò che riesce a contenere con la propria diversità, con la propria vita. La Vergine Maria si dà a tutti – quindi l’esperienza di Dio si estende a tutti – rispettando la diversità di ognuno, entrando nella vita di ciascuno nella misura in cui quella persona può accogliere quel messaggio, quell’incontro, quell’esperienza. Davanti alla stessa realtà, non possiamo comportarci tutti allo stesso modo: siamo diversi ed è bello che siamo diversi.
Immagino che questa diversità debba essere sottolineata anche tra di voi, nella FCIM. Anche se si è insieme, il nostro essere insieme non deve mai annullare la diversità: un laico non deve fare il prete; un prete non deve fare il laico; una suora non deve fare la laica, una laica non deve fare la suora e così via. Ognuno di noi è diverso e costruisce la propria vita a partire dalla propria diversità. Rispettando la diversità dei Pastorelli, Nostra Signora fa emergere, in ognuno di loro, nelle loro scelte, nella loro santità, nella loro testimonianza, qualcosa che può essere illuminante per ciascuno di noi.
Quando questi bambini incontrano Maria, la loro vita cambia in maniera radicale, non sono più le stesse persone di prima: nasce in loro qualcosa che brucia dentro, come una sorta di ferita, una sorta di tormento. È un tormento d’amore, che li accompagnerà per il resto della loro vita.
Francesco ha un desiderio costante: consolare il Signore. C’è qualcosa che lo ha colpito profondamente: il dolore, la tristezza che può provare Dio, che può provare Maria Santissima. È il bisogno profondo di fare qualcosa per questa tristezza, di fare qualcosa per questa sofferenza. È un bambino che sente nel proprio cuore l’urgenza di consolare.
C’è una parola che noi usiamo, quando parliamo di questo “ministero della consolazione”: la parola Riparazione. Essa consiste proprio in questo “ministero della consolazione”, che Francesco vive dentro la propria vita. È ancora attuale, la Riparazione, in questo momento della nostra storia e nell’esperienza di Chiesa?
Affermare che Gesù è il Figlio di Dio e, allo stesso tempo, dire che Gesù è veramente uomo, significa che in quanto “veramente uomo” noi dobbiamo trattarlo esattamente come un uomo, come una persona. E qual è la possibilità che ci viene data da un Dio che è diventato persona? Con una persona si può costruire una relazione, che non è più solo spirituale, astratta, ma diventa concreta. A una persona, si può dare da mangiare e da bere, stringere la mano, accompagnarla, aiutarla…
In questo modo, Dio è entrato nella storia e in Gesù è diventato raggiungibile a ciascuno di noi: si è consegnato nelle nostre mani, si è consegnato alla nostra cura.
Incarnare una vita spirituale, incentrata su Cristo, significa innanzitutto ricordarci che Gesù è veramente Dio ed è veramente uomo: e proprio attraverso la sua umanità noi possiamo entrare in relazione con Lui. Possiamo dire di amare qualcuno quando colui che amiamo diventa più importante di noi stessi, quando smettiamo di essere egocentrici e cominciamo ad aprirci all’altro.
Quando smettiamo di essere concentrati su noi stessi, scopriamo che esiste qualcos’altro, diverso dal nostro io: esiste davvero una “terra promessa”, che non è più la solitudine del nostro io, che molto spesso si riduce a una forma di schiavitù. Le persone egocentriche, fissate su se stesse, vivono una forma di schiavitù, ma non se ne rendono conto. È l’amore che ci aiuta a venir fuori da questo tipo di schiavitù, perché scopriamo che c’è qualcosa di più interessante: la persona che amiamo. Se io amo Dio, lo amo attraverso suo Figlio Gesù e amare Gesù significa aver scoperto qualcosa che è più interessante di me, qualcosa che distrae la mia attenzione da me stesso.
Tutte le volte che mi capita di dover spiegare questo concetto (visto che vedo in sala anche i bambini: e pure si sentono!) penso a una immagine forte, che può aiutarci a capire meglio.
Quando nasce un bambino – e soprattutto quando un bambino è piccolo – ha dei bisogni. Un genitore non ragiona mettendo se stesso prima di suo figlio: è il figlio che viene prima di se stesso. Se deve mangiare, mangia prima lui; se deve dormire, deve dormire prima lui; se c’è bisogno di qualcosa, è lui che ha la precedenza su tutto. Questa precedenza si chiama AMORE.
L’amore è dare la precedenza e dare la precedenza a chi si sta amando: questo sta a significare che, se noi stiamo amando Cristo, la precedenza dovrebbe averla Lui, non noi. Che cosa succede, dunque? Da quel momento in poi tutta la nostra vita e tutte le nostre scelte non sono più costruite attorno ai nostri bisogni, alle nostre esigenze, alle nostre mancanze, ma sono tutte costruite attorno ai bisogni e alle esigenze di Gesù.
Facciamo un esempio molto concreto: perché noi preghiamo? Molto spesso preghiamo perché stiamo pensando a un nostro bisogno. Francesco, dopo le apparizioni di Maria, cambia completamente il suo atteggiamento: in realtà, tutti e tre cambieranno atteggiamento, ma in Francesco questo aspetto diventa più decisivo rispetto agli altri: non è più lui importante! Che cosa diventa “importante” per lui? Gesù! Non prega più perché ha qualcosa da domandare, ma per portare consolazione a Lui; e, se va davanti al Tabernacolo, non lo fa perché sta chiedendo un beneficio per sé, ma per non lasciare solo Lui.
Capite come cambia tutto? Tutta la vita di preghiera non è più costruita attorno al nostro io, ma è tutta costruita attorno a Cristo: non faccio più le cose per me stesso, ma le faccio per Lui. Quindi, sono anche disposto a fare delle cose che appaiono come dei sacrifici, ma sono sacrifici fatti per amore e i sacrifici fatti per amore non sono sacrifici: sono amore.
È una domanda molto seria quella che ci pone questo bambino, questo santo. Se noi stiamo vivendo il messaggio di Fatima, la domanda che dobbiamo farci è questa: noi viviamo il ministero della consolazione, della Riparazione? Cioè: Cristo ha la precedenza su di noi? Quando noi facciamo qualcosa, la facciamo per Lui o perché stiamo pensando a noi?
Un altro esempio: dopo che appare la Vergine Maria, il Rosario non viene più detto perché qualcuno lo ha loro insegnato: lo recitano perché lo ha chiesto loro Maria. La serietà con cui pregano cambia, perché è Maria ad averlo domandato. La loro pratica cristiana viene evangelizzata da una relazione. Tutto quello che fanno non lo fanno più per se stessi, ma lo fanno perché è Maria a domandarlo, perché è il Signore a domandarlo.
Alle Nozze di Cana, l’unica richiesta che Maria fa ai servi è questa: “Fate quello che vi dirà”. Tutto quello che noi facciamo, non lo facciamo più perché stiamo pensando a noi stessi, ma perché abbiamo a cuore Lui, perché stiamo pensando a Lui. Questa è una grande rivoluzione, questo è un grande apostolato da portare nella Chiesa! Spesso, al contrario, si cerca di piegare Dio al proprio individualismo, alle proprie attese. Si è, ancora una volta, concentrati su se stessi, non su di Lui.
(Trascrizione a cura di Deborah Cabiddu)
Il video integrale della relazione è reperibile sul canale YouTube della FCIM:
https://www.youtube.com/watch?v=9eZRY0ubpgI&t=547s&ab_channel=FamigliadelCuoreImmacolatodiMaria
SAN BERNARDINO E IL CRISTOGRAMMA IHS
La devozione per il Santo Nome di Gesù
LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
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LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
SECONDA PARTE
LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
TERZA PARTE
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