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BEATA ANNA MARIA TAIGI

L’ordinarietà di una vita vissuta in una continua tensione verso il Cielo

di Enrico Sigismondi

Difficile inquadrare in un unico, statico schema la figura della Beata Anna Maria Taigi. Donna laica, sposa, madre di ben sette figli - di cui tre morti in tenera età - terziaria dell’ordine della Ss. Trinità. Ricolma di grazie abbondanti quali il solo Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo poteva annunciare e promettere: “Una misura buona, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo”. E veramente così fu per Anna Maria che, nata il 29 maggio 1769, a sei anni si trasferisce a Roma dopo aver fino ad allora vissuto a Siena con il papà Luigi Giannetti e la mamma Maria Masi.

Famiglia benestante quella di Anna Maria. Ma la fortuna finanziaria del padre, farmacista stravagante ed imprevidente, non dura che pochi anni. Venduto tutto per ripagare i debiti, il trasferimento è imperativo e Anna Maria inizia presto a conoscere il duro lavoro, la mortificazione dell’umile servizio in una fabbrica prima e poi l’imposto silenzio delle giornate trascorse da cameriera. Inizia presso una nobildonna dalla quale assimila la vita oziosa e gaudente. Infine a palazzo Maccarani, dei principi Chigi. Approdata qui dopo un’istruzione sommaria ma completa ed imbevuta di quel ricco bagaglio di fede trasmessole dalle suore Maestre Pie Filippine, conosce l’uomo che sposerà giovanissima: Domenico Taigi. Per compiacerlo vive per tre anni nella vanità femminile e i divertimenti mondani. Se ne stacca definitivamente dopo una confessione guidata dalla stessa mano provvidente del Signore..

Domenico non è un uomo cattivo. Si può dire che sia un devoto timorato di Dio, eppure manifesta un carattere difficile, puntuto e spigoloso che non di rado è ragione di sofferenza per chi gli è vicino. Anna Maria conoscerà anche in questo l’umile servizio di una sposa verso il proprio marito, attraverso la paziente sopportazione e la benevola testimonianza di un amore coniugale ricolmo della più alta spiritualità, ma denso di concrete e disinteressate attenzioni che altro non sono che il palpitare del Cuore Divino del Salvatore in Lei.

Dirà proprio Domenico al processo di beatificazione della moglie:

Accadeva spesso che al mio ritorno a casa la trovassi piena di gente. Immediatamente ella si congedava da tutti, fossero anche una nobildonna o un prelato, per prendersi cura di me con sollecitudine amorosa: ognuno poteva rendersi conto che faceva ogni cosa con tutto il cuore, mi avrebbe perfino tolto i calzari dai piedi, se lo avessi permesso. In breve, era per me di consolazione e di conforto in ogni cosa [...] La serva di Dio sapeva come mettere ognuno a suo agio e lo faceva con una grazia che non mi è possibile descrivere. Spesso tornavo a casa stanco, di malumore e irascibile ma ella sempre sapeva addolcirmi e rallegrarmi.”

Sì. La casa di Anna Maria è spesso piena di gente. Di ogni estrazione sociale e culturale. Il cardinal Pedicini - suo direttore d’anima assieme a monsignor Raffaele Natali - a chi gli chiede consiglio e istruzioni di spirito rimanda molti da Anna Maria.

Ella accoglie tutti con soave delicatezza ed attenzione materna, senza badare a chi ha davanti, fosse anche una regina.

Ed in effetti una regina si presenta. Si tratta - tra le tante personalità di spicco, curiali e nobiliari - di Maria Luisa di Borbone-Spagna, regina consorte di Etruria investita della sua regalità sovrana assieme al marito Ludovico nientemeno che da Napoleone Bonaparte in persona.

La regina soffre di crisi epilettiche frequenti e violente. Va da Anna Maria. Guarisce.

La nostra beata sparge, per conto del Salvatore tanto amato, continue grazie attorno a lei. Un giorno la nipote con un nocciolo di prugna si ferisce un occhio gravemente. La vista sembra ormai persa. La Beata prende un po’ di olio del lume che tiene acceso in casa; traccia un segno di croce sull'occhio della bambina. Il giorno dopo quest’ultima va a scuola come sempre. La guarigione è completa. Nulla sembra che le sia mai accaduto.

Nella chiesa di San Marcello il marito Domenico si sente male all’improvviso. Quasi sicuramente un colpo apoplettico. Si accascia a terra. Anna Maria si raccoglie in preghiera: la grazia è ottenuta. Il marito si riprende istantaneamente e completamente.

Si potrebbe continuare per pagine e pagine, ore e ore di lettura, ad elencare i miracoli compiuti dalla nostra beata. Eppure ci occorre spazio per descrivere la grazia che accompagna Anna Maria per tutta la vita: un globo di luce indescrivibile, un “sole mistico” come soleva chiamarlo, proprio davanti a lei. In esso vede perfettamente tutto il passato, scruta il presente e prevede il futuro.

Diverse e dettagliate sono le predizioni che fa di avvenimenti tutti verificatisi alla lettera.  L’elezione del cardinal Cappellari a futuro pontefice con il nome di Gregorio XVI. L’elezione del cardinal Mastai - Ferretti al soglio pontificio come Pio IX in conclave dai tempi record (solo quarantotto ore) quando quest’ultimo si trovava ancora nella lontana Nunziatura del Cile. 

E in questo globo di luce vede anche le anime che si salvano o si perdono per sempre. All’avvicinarsi a lei di un’anima in stato di grazia, la luce diventa più intensa e il profumo della virtù si fa sensibile. Se, al contrario, si approssima un'anima pervertita, il globo si oscura e il fetore del peccato diventa quasi insostenibile.

Nella sua ultima malattia nessuno si accorge che per Anna Maria è vicino il momento delle Nozze eterne. La lasciano sola, per permetterle di riposare.  Eppure Dio non la abbandona. Giunta l’alba del 9 giugno 1837 – un venerdì – monsignor Natali ha la premonizione esatta di quanto sta per accadere. Si reca immediatamente a casa della povera malata e la trova nei suoi ultimi momenti. Recita le preghiere della Chiesa per quest'ora estrema, le dà l'ultima assoluzione e la Beata si incammina per l’eterna Dimora Celeste.

La portata della vocazione ricevuta da quest’anima è già abbastanza evidente in queste povere righe offerte a gloria della potente misericordia di Dio. Ma ciò che colpisce nella biografia della Beata Anna Maria Taigi non sono le grazie straordinarie provenienti dal Cielo. In esse non c’è merito per l’anima eletta a tale disegno di salvezza. Ciò che penetra la nostra realtà quotidiana ancora a distanza di quasi tre secoli, è sempre l’ordinarietà di una vita vissuta in una continua tensione verso il Cielo. Come accade un po’ per tutti i santi. Ancora una volta i sapienti del mondo vengono confusi nella propria boria di presunta conoscenza, di presunta sapienza, di presunta ricchezza.

Una semplice donna, madre e sposa; figlia ubbidiente della Chiesa e umile nell’amare la volontà di Dio, viene rivestita di quella grazia che stordisce i grandi del mondo. E perché mai? In virtù della piena donazione di se stessa all’amore di Dio. Quella stessa donazione di cui siamo capaci tutti, che ciascuno di noi è in grado fare. Sarà senz’altro una banalità, ma pare bene ribadirla se tante anime ancora faticano a concepire la propria dignità e la propria grandezza: la santità è per tutti. Vocazione universale delle anime che bramano fare una scelta verso il Bene e che forse ancora non chiamano con il suo vero nome: Gesù, “Dio salva”. Anime che invece sono continuamente cercate, amate, ardentemente desiderate! Non importa chi si è, dove ci si trova, di quali mezzi terreni si dispone. Se di pochi beni materiali. Di pochi beni intellettivi. Di pochi beni spirituali. L’amore di Dio è vivo e vigile. E noi non abbiamo bisogno di tutte queste cose per amarLo. Come non ne ebbe bisogno la beata Anna Maria. Il nostro tutto, anche se poco o quasi nulla, consegnato a Dio con costante generosità spalanca quell’abisso di grazie e miracoli che sono la gloria di Dio in terra. Per noi è gloria, invece, la fedeltà di un “mio Dio ti amo” che si rinnova in spirito ed in opere tutti i giorni. Con tutto se stessi.

 

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