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Emergenza Virus e patologie del cuore

Editoriale del MARIA DI FATIMA - n°2, Marzo 2020.

MARIA DI FATIMA - n°2, Marzo 2020

EDITORIALE

di p. Mario Piatti, icms

Emergenza Virus e patologie del cuore

La Trasfigurazione aprì uno spiraglio inatteso sul mistero di Cristo, attraverso la testimonianza in diretta dei tre Apostoli, invitati dal Signore a ritirarsi con Lui su “un altissimo monte”. In quel luogo, di solitudine e di silenzio, Gesù rivelò il suo Volto glorioso, “che brillò come il sole”, mentre le sue vesti divennero candide come la luce.
Sul Tabor, Gesù riconsegnava ai discepoli, in una prospettiva completamente nuova, la Legge e i Profeti, rappresentati da Mosé ed Elia: i precetti dell’Antica Alleanza, cioè, e il messaggio, sempre attuale, di chi parla “in nome di Dio” riconducendo faticosamente il Popolo sulle vie di Jahvé, dalla ricorrente idolatria. La Legge è un itinerario di fedeltà all’amore ricevuto: i comandamenti di Dio, scritti nel cuore dell’uomo, prima ancora che sulla pietra, regolano i nostri passi, nella sua Volontà, perché siamo più liberi per amare.

Nella vicenda dei Pastorelli di Fatima corre una singolare analogia con il mistero della Trasfigurazione. Anch’essi sono “saliti sul monte”: hanno avuto la grazia di incontrare un Angelo, di vedere la Madre del Signore, di parlare con Lei, di raccogliere il suo accorato appello.
Dalla esperienza del Cielo -che faceva loro dire di sentirsi immersi nella luce di Dio- subito furono ricondotti “a valle”, ad affrontare la fatica quotidiana, la prova della incomprensione, anche delle persone più care, e della derisione; la persecuzione, scatenata dal laicismo di allora.
Due di loro, con un eroismo e una tenerezza che commuovono, salirono l’erta del dolore, della malattia, della solitudine: anche i discepoli, sul monte, alla fine “non videro che Gesù solo”, dopo l’estasi della Trasfigurazione, preludio al mistero della umanità di Cristo, crocifissa e abbandonata nelle mani dei carnefici.

I Pastorelli hanno vissuto la dimensione contemplativa e la dimensione oblativa, specialmente Giacinta, “bruciata” dal desiderio di salvare ogni uomo dall’abisso della perdizione eterna. Lucia ha incarnato, durante la sua lunga esistenza, la bellezza e la fatica di servire la Chiesa, da Religiosa e poi da Claustrale. Anch’essi -come i discepoli di Gesù- ebbero un “segreto”, da custodire nel cuore.
I Pastorelli testimoniarono la fecondità della Legge e difesero “i diritti di Dio”; incarnarono la dimensione “profetica” del Vangelo, richiamando la Chiesa e il mondo del nostro tempo a considerare la vita secondo il Cuore di Cristo, nella prospettiva della eternità.
In questa luce profetica, noi pure siamo chiamati a rileggere i fatti con gli occhi di Dio.
Oggi la vera emergenza è la perdita del senso autentico della vita, il disorientamento, l’incapacità di comprendere se stessi e gli altri.

Temiamo tutti, giustamente, il dilagare di un contagio e desideriamo che sia presto debellato: ma dimentichiamo spesso che il vero Virus è il Virus dell’egoismo, che ci fa considerare solo il nostro ristretto orizzonte umano, partendo dai nostri impulsi, dai nostri capricci; è il Virus della indifferenza, che nasce anzitutto dalla indifferenza verso il Signore; è il Virus del relativismo, il Virus della nostra pseudo-onnipotenza; il Virus della infedeltà al proprio cammino, alla parola data, agli impegni presi, anche davanti a Dio; il Virus dell’impurità, che offusca lo sguardo dell’anima e produce ampi guasti nelle coscienze; il Virus del rancore, del risentimento, addirittura della vendetta.

La vera emergenza, in realtà, è in atto da sempre, è la patologia più diffusa dovunque: è il peccato dell’uomo. Richiede tanta umiltà: l’umiltà di riconoscerci poveri e insufficienti e di lasciarci poi aiutare, da chi ci ama veramente.
La vera emergenza fu espressa nell’agosto del 1917, ai Valinhos, quando la Vergine disse espressamente ai fanciulli che molte anime vanno all’inferno perché non c’è chi si sacrifichi e preghi per loro. Non era “terrorismo spirituale”, il suo, ma un fervido e intenso appello alla generosità di ciascuno.
Molti si perdono per la tiepidezza dei “buoni”, per la superficialità e l’indifferenza dei credenti.
È compito nostro credere, adorare, sperare e amare e farlo anche per chi non crede, non adora non spera e non ama, lasciando operare Dio con libertà, nel nostro cuore.

 

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