Pillole di SpiritualiTà
La grazia di Dio sarà il vostro conforto. (dalle Memorie di suor Lucia)
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di M. Gabriella Villani
San Francesco fece il primo Presepe nel 1224 a Greccio, tre anni prima di morire.
Volle rappresentare il Bambino nato a Betlemme e, in qualche modo, vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si era trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno con il bue e l’asinello.
Volle ricordare alla gente di allora, come alla gente di oggi, che il primo a fare un regalo indispensabile all’uomo è stato Dio Padre. Egli ha donato con tutto il cuore Suo Figlio, il Suo “Unico Figlio” nato dalla Vergine Maria, perché ognuno di noi si sentisse amato e apprezzato da Lui. L’incarnazione è stato il più grande regalo di Dio all’umanità!
Se si prescinde da tutto questo il Natale non ha nessun significato, si riduce a belle frasi vuote di contenuto: Natale è una luce, Natale è sentirsi vicini, Natale è una poesia di pace, Natale è volersi bene…Tutte belle frasi ma senza Dio. Si prepara l’albero, gli addobbi, la musica … ma per cosa, per chi? Anche i cosiddetti “atei” festeggiano il Natale, ma il Natale di chi?
Il Presepe è lo “strumento” che ci aiuta a ricordare e a fare memoria di un Dio “inimmaginabile” che irrompe nel buio cupo della nostra storia. Per l’uomo è l’inizio della liberazione tanto attesa, la liberazione da questo “io” che resiste ottusamente alle evidenze della creazione e ai richiami dell’Amore. Con il Natale inizia la possibilità del cambiamento dell’uomo in Dio.
Attraverso il Presepe, ogni anno il Dio Bambino si presenta povero e indifeso davanti a ciascuno di noi. Ci ricorda così il suo eterno rischio di essere misconosciuto o respinto o ucciso dalla nostra libertà.
In un mondo dove la creatura ha preso il posto del Creatore, dove conta solo il successo, il denaro, il potere … il Presepe, signori, ci sbatte in faccia la povertà di Dio e la sua sete di amore.
È nostra responsabilità se Dio non nasce più sulla terra. Dobbiamo essere noi a volerlo, noi a farlo nascere. Se, pur dormienti nel buio della nostra poca fede, come i pastori infreddoliti, ci mettiamo in cammino "fino a Betlemme", credendo semplicemente che nulla è impossibile a Dio, rimarremo stupiti nel vedere come Dio, Salvatore nostro, si è "incarnato" attraverso la fecondità di una Madre sempre Vergine e come trasforma le creature, se pur nel peccato, "per sua sola grazia"! A noi il compito di credere e di implorare questo perenne Natale e di testimoniarlo anche con un semplice segno: il Presepe!
Nella vita quotidiana troviamo sempre tempo per tutto, ma spesso non troviamo il tempo da dedicare a Colui che è l’essenza della nostra vita, Gesù. Prendiamo l’impegno di fare il Presepe nelle nostre case e di andare a visitare i presepi nel periodo natalizio, non per folklore, ma fermandoci a contemplare quel Dio Bambino che si è rivestito della carne mortale. Egli vuole comunicarci i valori veri della vita, cioè dare importanza all’essenziale, perché su questa terra “siamo di passaggio”: i beni terreni passano, tutto passa. L’importante per vivere non è il possedere, ma il condividere.
Solo la scoperta di Gesù, l’incontro con Lui, soprattutto nel sacramento della confessione, ci dona la vera gioia e la pace del cuore e ci fa non solo dire, ma proclamare a tutti: questo è Natale!
Guardiamo al Presepe con occhi diversi, con gli occhi di San Francesco; in quella grotta c’è una grande luce, l’imprevedibile diviene realtà. È la certezza che l’evento della Vita accadrà, che il Bene divino nasce e rinasce nel cuore di ogni uomo, se mediato dai valori di umanità di donne e di uomini che credono, che sanno sperare e testimoniare.
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