Pillole di SpiritualiTà
L'amore è il seme della santità. (B. John Henry Newman)
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II stazione della VIA CRUCIS
di Teresa Ales
Nella seconda stazione della Via Crucis, consideriamo Gesù caricato della croce. Una corona di spine viene posta sul suo capo; spogliato delle sue vesti, viene schernito, percosso e infine portato via per la crocifissione.
Cos’è e che cosa rappresenta la Croce di cui si fa carico Gesù?
Fin dalla nascita, durante il sacramento dell’iniziazione cristiana, ogni battezzato riceve sulla fronte, dal sacerdote, dai genitori e dai padrini, un segno di croce. Questo serve per indicare che la vita di ogni cristiano è all’insegna del simbolo della Redenzione. Ed è proprio dal modo in cui si “porta la croce” – dalla capacità, cioè, di reagire agli eventi infausti che si manifestano, nel corso della nostra esistenza – che si evidenzia la nostra adesione a Cristo. Lo stress, le malattie, le incomprensioni nel mondo del lavoro, con i propri colleghi o all’interno del proprio nucleo familiare, con i propri cari e ogni sorta di sofferenza e prova… tutto si racchiude nella parola “croce”.
Se guardiamo con gli occhi del mondo, la croce assume una connotazione negativa, perché associata a tutti gli accadimenti spiacevoli del nostro quotidiano. Se, invece, guardiamo con gli occhi di Dio, la croce è segno di Amore incondizionato e senza limiti: è Redenzione.
Gesù obbedisce al Padre, che ha scelto la Croce per Suo Figlio. E il Figlio l’ha presa sulle spalle, l’ha portata sul Calvario e su di essa ha offerto la propria vita. I mistici ci dicono che, nel momento in cui Cristo fu caricato della Croce, prima di iniziare il cammino verso il Golgota, la baciò, a indicare il valore redentivo del Suo “far nuove tutte le cose”.
Con la Passione di Cristo, la Croce, quindi, cessa di essere il simbolo del castigo, per diventare segno di vittoria della vita sulla morte. Cristo ha pagato il prezzo dei nostri peccati, ha scelto di morire sulla Croce, di umiliarsi, di farsi carico del peso dei peccati del mondo per redimerci. La Croce, da tremendo patibolo di morte, rappresentato da due legni incrociati, diventa strumento di salvezza per l’eternità.
Gesù dice: «Se uno vuole venire dietro di me, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua» (Lc 9,23). Questo passo del Vangelo sembra quasi suggerire un elogio della sofferenza: in realtà, ci sta invitando ad accogliere quello che la vita in questo momento ci sta offrendo, facendolo nostro, come Lui vuole. Quante volte, nel percorso della nostra esistenza, si presentano situazioni difficili, dalle quali vorremmo fuggire solo perché non conformi al nostro volere. La vita ci appare ingiusta e ci chiediamo perché avvengano determinati avvenimenti, proprio a noi! Per quanto si desideri cambiare la sorte, non si riesce a dare risposta né senso al male subito. Cristo non vuole il nostro male. Non è Cristo che decide la Croce per la nostra vita: ma Lui, portando la sua Croce, ci aiuta a capirne il senso profondo e ci indica come viverla, accogliendola, fino in fondo. Si tratta, quindi, di vedere l’Amore in ogni sofferenza.
Si ha paura della croce: e umanamente è cosa naturale. Si teme di non farcela, di non riuscire a sopportarne il peso insopportabile. Gesù, con il suo esempio, ci mostra proprio il contrario: abbracciare la propria croce, vuol dire scegliere ogni giorno Dio, trovare il coraggio di accogliere le vicissitudini del tempo presente, fidarsi di Lui, desiderare la Sua volontà al di sopra di ogni altra cosa. Mettersi alla sequela di Dio, significa non scappare dal percorso che Lui ha tracciato per noi. Se ha scelto per noi una determinata strada, è per la nostra salvezza.
La vita è un cammino fatto di cadute e di risalite, di alti e bassi; ma, con accanto il Signore, ogni sofferenza diventa amabile, leggera e vissuta nella gioia di essere “corredentori”, con Cristo.
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