Pillole di SpiritualiTà
La grazia di Dio sarà il vostro conforto. (dalle Memorie di suor Lucia)
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“OGGI CON ME SARAI NEL PARADISO”
“Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!". L'altro invece lo rimproverava dicendo: "Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male". E disse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". Gli rispose: "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso"[1].
di P. Gianni Schido icms
Mentre gli altri Evangelisti non parlano di questo episodio, di conversione in extremis, il Vangelo di Luca – Vangelo della Misericordia del Padre, che si manifesta in Cristo – colloca sul Golgota il ritorno all’ovile di una pecorella smarrita, il “Buon Ladrone”, negli ultimi istanti della sua vita. Una grande consolazione per Cristo nel momento della sua Passione!
È un passo davvero commovente. Sempre, infatti, c’è tempo per la conversione, fino all’ultimo respiro. Mentre il cattivo ladrone fa proprie le bestemmie e gli insulti dei Sommi Sacerdoti e degli Scribi, l’altro, conosciuto dalla tradizione come Disma, è l’unico che prende la parola per difendere Gesù. Dice, in modo stupendo: “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli, invece, non ha fatto nulla di male"[2]. Gesù vive la nostra stessa condanna, ma Lui non ha fatto nulla di male!
Che cosa ha colpito il cuore di questo ladrone e l’ha mosso a riconoscere il Signore, in un momento così oscuro? Sant’Agostino risponde: “La croce era una scuola per lui. Il Salvatore appeso divenne il pulpito, dove egli impartiva le sue istruzioni”[3]. Ha visto il modo in cui Gesù, da innocente, soffriva; gli insulti che riceveva e l’accettazione della morte, senza minacciare vendetta, anzi perdonando. Le parole del ladrone “ricordati di me”[4], rivolte a Gesù; il giusto condannato ingiustamente, richiamano le parole di un altro giusto, condannato senza colpa: quelle di Giuseppe, nel carcere[5], in Egitto.
Giuseppe aveva eroicamente accettato e vissuto con piena fiducia in Dio le sofferenze causate dai suoi fratelli, che gli avevano fatto perdere ciò che di più bello aveva nella vita, la relazione con il padre suo Giacobbe (simboleggiata da quella stupenda veste, che gli viene strappata via).
Ma c’è una differenza con Cristo. Giuseppe era stato costretto a patire, scegliendo poi di abbracciare la sua pena, accettando, tra le altre cose, di essere prigioniero con i prigionieri, giusto tra gli ingiusti, pregando che qualcuno si ricordasse di lui.
Cristo Gesù invece, ha scelto liberamente di abbassarsi e di condividere la misera nostra condizione, quella condizione che ciascuno di noi, più o meno giustamente, vive e soffre. Perché i nostri peccati hanno anche conseguenze in questa vita, nella nostra e in quella degli altri. Gesù sceglie di condividere la condizione umana, vuole soffrire con chi soffre, “ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi”[6]. Lascia il seno del Padre e vive le sofferenze che noi giustamente viviamo, fino al punto più basso, quello di essere considerato malfattore, falso, indegno della vita. Come un Re che, per conquistarsi la fiducia del mendicante, lascia il suo palazzo regale e sceglie di vivere povero con i poveri, solo per amor dei poveri, egli “svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo”[7]; e, ancor di più, assumendo su di sé la sofferenza dei ladroni, dei condannati.
In realtà, noi siamo quel ladrone: pensare questo dovrebbe farci commuovere! Dio, eterna felicità e beatitudine, in cui non vi è ombra di dolore e di sofferenza, comunione perfetta e beata, abbraccia la nostra umiliazione e sofferenza, l’abbandono, la calunnia, l’essere considerato ingiusto, il tradimento. Non c’è nessuna sofferenza della mia vita che Dio, per carità disinteressata e pura, non abbia voluto condividere. Il Signore, vero uomo, oltre che vero Dio, ha vissuto nella sua umanità qualcosa di simile a tutto quello che noi possiamo incontrare nella vita. Allora, quanto più sentiamo il peso della nostra limitatezza, tanto più possiamo essere grati a Colui che per stare con noi ha voluto condividere questa limitata umanità.
Mentre, in noi, la sofferenza non è mai senza colpa, il Signore Gesù, per l’Incarnazione, condivide la nostra fragile umanità e, insieme alla Vergine Maria, immacolata, abbraccia e condivide le conseguenze dei nostri peccati.
Questa condivisione rappresenta una scelta del loro libero amore, del libero amore di Dio che compie le parole della Scrittura: “Nell'angoscia io sarò con lui”[8]. Infatti “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”[9].
[1] Lc 23,39-43
[2] Lc 23,40-41
[3] S. August. Serm. 234, 2
[4] Lc 23,42
[5] Gen 40,14
[6] Is 53,12
[7] Fil 2,7
[8] Sal 91,15
[9] Rm 5,8
SAN BERNARDINO E IL CRISTOGRAMMA IHS
La devozione per il Santo Nome di Gesù
LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
PRIMA PARTE
LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
SECONDA PARTE
LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
TERZA PARTE
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