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Il silenzio orante

Tutto è grazia, per chi la sa vedere e attende con speranza

di P. Carlo Gili icms

Silenzio: è l’unica parola che risuona oggi, dopo che il Verbo Incarnato è stato posto nel sepolcro. Il Sabato Santo è un giorno di attesa silenziosa. Romano Guardini scriveva che per vivere bene la Messa – ripresentazione del sacrificio di Cristo – bisogna cominciare a gustare le sue parti di silenzio. È lì che si capiscono meglio i misteri del Signore. Verissimo, a patto che non sia un silenzio sterile, ma orante.

Gli Apostoli si rifugiano nel Cenacolo e tacciono, ma per timore di fare la stessa fine del loro Maestro; lasciano spazio alla paura e così non intendono quello che è successo, perché la paura li blocca. Nemmeno la tomba vuota li sveglierà dal torpore, servirà l’intervento del Risorto. Le donne preparano gli aromi e attendono l’alba della domenica, ma lasciano spazio alla tristezza, per cui capiranno la verità solo alla mattina di Pasqua.

Poi c’è Maria Santissima, colma di silenzioso dolore, ma che non lascia spazio né alla paura, né alla tristezza, perché il suo silenzio è invece colmo di fiducia e speranza. Crede, mentre gli altri non credono, spera mentre gli altri non sperano, ama mentre gli altri non amano. È l’unica, oggi, a consolare il suo Gesù.

E, infine, ci sono io. Oggi devo fare davvero silenzio, procurarmi materialmente di far tacere tutto il superfluo. Mettendomi in preghiera, davanti al Signore, capisco cosa è avvenuto in questi giorni. Mi guardo dentro e vedo tutto il male che mi porto come zavorra; ogni tanto mi accorgo di qualcosa di nuovo, come se prima non ci fosse, mentre ero solo io a non vederlo. Se sono sincero con me stesso, mi accorgo che spesso mi giustifico, scuso da solo i miei peccati – è colpa degli altri, è la situazione… Io sono stato la causa della morte di Cristo, io così ingrato…

Poi getto un’occhiata su Gesù deposto. Ha voluto un sepolcro nuovo, mai usato; e un lenzuolo nuovo, immacolato. Questo vuole da me: che io sia nuovo. Non manca mai di speranza il mio Signore, fa come il padre della parabola, che aspetta continuamente alla finestra il figlio prodigo che torni a casa. Allora nemmeno io voglio mancare di speranza, né di fiducia. Se Cristo è morto per me, allora io valgo il sangue di un Dio; se Cristo morendo pensava a me, allora mi ama di amore infinito. Non posso certo ricambiarlo con la freddezza o, peggio, con il credere che nulla abbia più senso, come hanno fatto i discepoli di Emmaus…

Un’ultima domanda ora mi resta: “Signore, ma era davvero necessario tutto questo?”. No, non era necessario, bastava appena una goccia di sangue per redimerci. Allora tutto è grazia, anche se ancora non è spuntata l’alba della Risurrezione, anche se oggi ancora siamo nel silenzio della morte.

Tutto è grazia, per chi la sa vedere e attende con speranza.

 

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