Pillole di SpiritualiTà
L'amore è il seme della santità. (B. John Henry Newman)
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Dono dello Spirito Santo ed esercizio di interiorità
di Paola Buson
A Verona, nel santuario dedicato a s. Teresa di Gesù Bambino, sopra il tabernacolo troneggia una statua lignea, a mio parere, bellissima: rappresenta la Sacra Famiglia, dove Maria Santissima è la Regina Incoronata, con in braccio Gesù Bambino, grandicello; le sue mani sono piene di rose, un mucchio di rose (le grazie) che Maria raccoglie con il suo manto, offrendole a Teresa, inginocchiata davanti a loro, che fissa lo sguardo su Gesù. Al centro, dietro di loro, ritto in piedi, Giuseppe veglia su tutti, con autorevolezza, ma senza sopraffare nessuno, con un certo abbandono alla Volontà di Dio, di Maria che è Madre del Dio Bambino, di Teresa, e nostra. Ecco, i loro visi sono così composti, teneri, equilibrati che inducono a una profonda riflessione: in ciascuno di essi traspare la piena e totale docilità alla Volontà di Dio, una virtù che disarma, che coinvolge, a cui non si può opporre resistenza, quando si fa il proposito di amare Dio. Il Vangelo non lo dice, però lo lascia intuire. Seguendo un moto interiore, Maria aveva già̀ scelto un percorso per la sua vita: quello della verginità̀. Ma l’annuncio dell’angelo significò per Lei un cambiamento radicale di piani. Sarebbe stata madre. In modo miracoloso – per opera dello Spirito Santo – avrebbe concepito e avrebbe dato alla luce un Figlio; avrebbe dedicato la sua vita a farlo crescere, a educarlo e prepararlo per la missione che il Padre gli aveva assegnato.
Accettando questo cambiamento di percorso, Maria testimonia la sua docilità ai piani di Dio. Non è una docilità cieca e automatica, ma intelligente e collaborativa; la docilità di Maria ha una forte componente di ascolto interiore, di attenzione al messaggio, di impegno sincero per comprendere il piano di Dio, fin dove è possibile, per assecondarlo nel migliore dei modi.
Il sì di Maria a Dio è stato il primo anello di una catena di salvezza che, in modo misterioso, avrebbe raggiunto ogni essere umano. La sorte dell’Umanità non è mai dipesa, così tanto, dalla risposta di una persona. Maria non ha cambiato percorso solo nel momento dell’Annunciazione. Quello fu solo l’inizio di un cammino lastricato di cambi di programma: Betlemme per la nascita di Gesù, però Maria si sottomise all’editto dell’imperatore; il viaggio in Egitto, però Maria si sottomise a Giuseppe, avvisato in sogno che il re voleva uccidere Gesù; la morte sul Golgota, però Maria si sottomise alla decisione del Procuratore romano e, ai piedi della croce, accettò di essere Madre e Corredentrice dell’Umanità.
Quante Betlemme, Egitto e Golgota non sono nemmeno nei nostri piani! Quante situazioni inattese ci obbligano a cambiare programma e aggiustare la rotta. Quanta fede è necessaria per scoprire, in tante circostanze non sempre giuste, nuove strade della Misericordia del Padre. Tre persone furono responsabili di quei drammatici nuovi programmi nella vita di Maria: Cesare Augusto, Erode e Ponzio Pilato. Maria, però, sapeva che erano strumenti della Provvidenza, strumenti di un piano divino che oltrepassava di gran lunga qualunque previsione umana. Gesù risuscitato avrebbe detto poi ai suoi apostoli che tutto questo doveva succedere perché si compissero le Scritture. Maria, accettando gli imperscrutabili piani di Dio, con l’abbandono docile all’azione dello Spirito Santo, fece largo a questo nuovo percorso della Misericordia Divina, che chiamiamo “Redenzione”.
Poichè la perfezione evangelica o santità è una meta offerta a tutti, anche ciascuno di noi deve accettare con docilità i piani di Dio per la sua vita, una docilità radicata nella convinzione che i piani di Dio sono sempre «progetti di pace e non di sventura, per concederci un futuro pieno di speranza».
Il P. Lallemant afferma che “Il traguardo a cui dobbiamo aspirare, dopo che ci saremo a lungo esercitati nella purezza di cuore, è di lasciarci talmente possedere e dirigere dallo Spirito Santo, che sia Lui solo a guidare le nostre facoltà e i nostri sensi, e a regolare tutti i nostri movimenti interiori ed esteriori, mentre da parte nostra ci abbandoniamo interamente a lui con la rinunzia spirituale alla nostra volontà e alle nostre soddisfazioni personali. Così non vivremo più in noi stessi, ma in Cristo, mediante una fedele corrispondenza alle operazioni del suo divino Spirito e un perfetto assoggettamento di ogni nostra ribellione al dominio della sua grazia” .
Come riconoscere la Volontà di Dio nella nostra vita? Innanzi tutto, seguendo le sue leggi, punti di riferimento inconfondibili, che il suo amore ha pensato per noi fin dalla creazione del mondo e che Gesù ci ha insegnato con la sua vita e la sua predicazione. Altra via maestra è la preghiera: rinnoviamo spesso il proposito fermo di seguire in ogni cosa la volontà di Dio e confermiamoci in tale risoluzione il più possibile. Domandiamo incessantemente questa luce e questa forza dello Spirito Santo per adempiere i voleri di Dio, soprattutto all’inizio delle azioni più importanti. E, se Dio non ci offre nessuna nuova illuminazione, ci orienteremo, per prima cosa, su ciò che siamo abituati a fare e che ci sembra, al momento, la scelta migliore. Lo scrittore cristiano ci insegna ancora che, con questa attitudine e diligenza, arriveremo a poco a poco a riconoscere ciò che proviene da Dio e ciò che non proviene da Lui. “In un’anima docile alla grazia ciò che viene da Dio porta ordinariamente pace e tranquillità; ciò che viene dal demonio è violento e porta con sé turbamento e ansietà”.
Certamente l’esercizio dell’interiorità – e quindi la vita di preghiera – è il luogo e il momento in cui i credenti incontrano lo Spirito e vengono da Lui sospinti verso le vette della santità. Chi ha ricevuto la grazia di stare in ascolto del proprio cuore nella preghiera è immediatamente sensibile a lasciarsi andare al dolce impulso dello Spirito Santo. Senza che lo vediamo né lo sentiamo, lo Spirito è come un instinctus interiore – così lo definiva san Tommaso d’Aquino – in ciascuno di noi. Così guidato, il credente va d’istinto a cercare ciò che lo Spirito gli chiede in quel preciso momento. Vive liberamente, inserito su questa lunghezza d’onda e capace di cogliere e intercettare i desideri dello Spirito.
I maestri dello Spirito dicono che la santità si raggiunge lasciandoci guidare da Dio, lasciando le redini a Lui. Nell’abbandono, non si tratta di sopprimere la volontà dell’uomo, ma di accordarla e sottometterla a quella di Dio. La docilità allo Spirito lascia, dunque, agire Dio in tutto, non riservando per sé che l’amore e l’obbedienza al dovere presente; e su questo punto l’anima agirà senza mai stancarsi. Il P. Lallemant adotta una bella metafora. Colui che non si abbandona all’azione dello Spirito nella piena docilità è destinato a lavorare e sudare nella pratica della virtù e assomiglia ai naviganti che avanzano a colpi di remo, con il vento e il mare contrario. Mentre colui che è docile allo Spirito Santo assomiglia alla barca sospinta dal vento. Ma c’è di più: i primi faticheranno e non arriveranno al porto sospirato, gli altri, si.
Gli uccelli sono proprio un’altra immagine perfetta della docilità allo Spirito. Noi, come loro, aneliamo a una vita più alta, a un livello più alto. Tutto cambia se ci lasciamo avvincere dal soffio dello Spirito.
Nell’ambito intimo e personale della coscienza lo Spirito Santo ci istruisce con le “buone ispirazioni”, di cui tutti abbiamo fatto qualche esperienza nella vita, come afferma la Scrittura: “Ora voi avete ricevuto l’unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza… E quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca. Ma, come la sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera e non mentisce, così voi rimanete in lui come essa vi ha istruito” (1 Giovanni 2,20.27). C’è una relazione strettissima tra coscienza e Spirito Santo. Cos’è la famosa “voce della coscienza” se non una specie di “voce interiore”, attraverso cui lo Spirito Santo parla a ogni uomo? «La mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo» (Romani 9, 1), esclama Paolo, parlando del suo amore per i connazionali ebrei. Le ispirazioni sono sollecitazioni a seguire il bene e a fuggire il male. Sono luci e desideri che si accendono, che manifestano la volontà di Dio, ascoltando la Sua parola, dinanzi a qualche buon esempio delle persone che ci vivono accanto: moglie, marito, fratello, amico… soprattutto coloro che Dio ci ha posto accanto come guide: confessore e direttore spirituale. Questa docilità interiore a Dio, prima o poi, ci conduce ad assecondare lo Spirito Santo, fino a partecipare della sua primaria missione, che è quella di portare Cristo in ogni luogo della terra e nel cuore di ogni uomo, come vuole anche il Carisma della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria.
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