La GIOIA del cristiano

di P. Mario Piatti icms

I discepoli, inviati dal Signore ad evangelizzare tutte le genti, erano “pieni di gioia e di Spirito Santo”: Al di là del successo o dell’insuccesso della predicazione, al di là dei risultati ottenuti, al di là delle difficoltà, delle incomprensioni o addirittura delle persecuzioni subite, il cuore è nella gioia, perché nessun potere può toglierci la Grazia, la comunione con il Signore, la luce della fede. La nostra gioia è fondata sul Vangelo: non si affida alla provvisorietà delle cose che passano, ma alla incrollabile e irremovibile fedeltà di Dio.

Le disposizioni e lo slancio missionario degli Apostoli ci offrono una nuova luce per esaminarci e ci permettono di indicare tre gravi “malattie dell’anima”, tre patologie spirituali, che insidiano la nostra gioia:

1) La prima è la ingratitudine. Il sofferto percorso della Chiesa nascente, le innumerevoli prove attraversate dagli annunciatori del Vangelo -agli inizi del cammino, 2000 anni fa, ma poi via via, lungo questi due millenni- richiamano, alla nostra mente, la preziosità e il valore della fede, che è giunta fino a noi grazie al sacrificio di tantissime anime generose. Quanti hanno pagato di persona, anche con la loro stessa vita, perché il messaggio della Salvezza pervenisse fino a noi! Siamo il frutto di lacrime, di sangue, di sofferta dedizione al bene di chi, prima di noi, ha amato con tutto il cuore Dio e i fratelli.

Con quanta disinvoltura dimentichiamo tutto, in fretta, mentre la memoria del passato è una scuola di vita per il presente! Tradire la nostra vocazione, “giocare” con le nostre scelte, trascurare il patrimonio di Grazia che ci è stato consegnato, dalle generazioni precedenti, è una grave responsabilità. Quando, banalmente, “perdiamo la Messa”; quando trascuriamo facilmente i nostri impegni di vita cristiana; quando escludiamo progressivamente l’amore di Dio dalla nostra esistenza, noi disprezziamo quel tesoro impagabile, che costituisce la nostra unica e autentica ricchezza.

2) La seconda “malattia” si chiama indifferenza. Il Vangelo della prossima domenica del Tempo di Pasqua parla di Gesù Buon Pastore, “porta delle pecore”, guardiano dolcissimo e vigile del suo gregge. La sua tenerezza pervade i nostri cuori: Lui solo conosce i sentieri da percorrere, i pericoli da evitare; Lui solo sa prendersi cura di ciascuno, riservando a ogni suo figlio una particolare attenzione.  Risuona in noi la sua voce, ma il nostro spirito va costantemente educato all’ascolto, alla docilità, all’obbedienza: la presunzione di sentirci autonomi rischia di renderci tiepidi, distaccati, insensibili all’Unico, che ci ama veramente.

3) La terza “patologia” è il sospetto, che alimenta in noi dubbi e reticenze verso il Signore, come se tutto quello che professiamo nel Credo, che viviamo nella Eucaristia, che trasmettiamo quotidianamente al mondo non sia che una favola, una illusione, un sogno, una fantasia.

Per questi tre mali diabolici, l’antidoto giusto è costituito dalla memoria viva dei benefici ricevuti; da una “passione” profonda per il bene, nostro e degli altri; dalla fiduciosa certezza che Dio ci ama, che ci dona ogni bene -già qui, sulla terra- e che ci attende per sempre, nella gioia eterna del Paradiso.