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LA GIOIA DEL MONDO E LA VERA FELICITÀ

Quando si cambiano le tenebre in luce

di padre Mario Piatti icms

Quest’anno, nella memoria liturgica del Martirio di San Giovanni, l’attenzione mi è caduta su due dettagli, apparentemente marginali, che il Vangelo del 29 agosto ci offriva.

Dice il testo (Mc 6,17-29), raccontando del Battista, che Erodiade lo odiava, per la sua determinazione nel denunciare i peccati della Corte, ma non riusciva a trovare la via giusta per togliere di mezzo quel presunto “Profeta”.

Venne, però, il giorno “propizio” (per i cultori del greco: εὔκαιρος, che significa appunto propizio, favorevole…), un giorno “di grazia”! Finalmente ci si poteva liberare di quell’importuno “guastafeste”, con il suo fastidioso e insistente richiamo alla Verità. Finalmente quella voce non si sarebbe più levata, per smascherare il male: saremo liberi, di compiere il male, soffocando una voce scomoda, riflesso vivo e martellante della voce interiore della propria coscienza. Finalmente nessuno si sarebbe più permesso di ostacolare i nostri piani!

Il “mondo” inganna se stesso, si illude di trovare la felicità mettendo a tacere chi vorrebbe aiutarlo a percorrere la via giusta, la via santa e a lasciare i sentieri del peccato, che conducono inesorabilmente alla morte. Il “mondo” fa sempre più o meno così: si rallegra, abbracciando e celebrando la sua rovina. Il mondo gioisce per il diritto ormai universale di uccidere i propri figli, per il diritto di suicidarsi. Il mondo gioisce per la libertà sessuale, che ci rende ogni giorno sempre più schiavi del vizio; per le follie del gender, per la distruzione di un tessuto umano e cristiano nel quale vivere, operare, sacrificarsi e santificarsi.

Un’altra espressione colpisce, in quel passo evangelico, relativo al martirio di Giovanni: la figlia di Erodiade torna “in fretta” nella sala dove, danzando, è tanto piaciuta ai commensali e al re Erode, disposto addirittura a concederle qualunque favore, per quel ballo: perfino “la metà del suo regno”!

Istigata dalla madre, la giovane chiederà invece la testa del Battista: la vita di un uomo, di un Santo – del precursore del Messia, di colui che si pone come passaggio tra l’Antico e il Nuovo Testamento – barattata per la fugace e inconsistente vanità di un ballo licenzioso.

La ragazza corre in fretta, con sollecitudine: μετὰ σπουδῆς (Mc 6,25), dice il testo greco. È la stessa medesima espressione attribuita alla Vergine Maria (Lc 1,39), che partì “in fretta”, verso le montagne, per aiutare la parente Elisabetta, la madre del Precursore. Si levò e in fretta, con sollecitudine, intraprese il faticoso cammino, per portare il suo aiuto alla cugina: ma, ancor più, per recare con sé il Figlio di Dio, vivo nel suo grembo, e donarlo a tutti, con generosità ineguagliabile.

L’una rientra in fretta, nella sala della festa, per assecondare e attuare i turpi piani di sua madre; l’altra, la Vergine Benedetta – la più santa delle Sante, l’Immacolata, la dimora in terra dell’Altissimo – percorre le vie del mondo con il solo desiderio di amare, di riempire i cuori di luce e di Grazia, di annunciare al mondo la Salvezza, il Salvatore.

L’una si rende strumento di morte, contribuisce ad affossare ancor più l’umanità nell’orribile baratro del peccato; l’Altra, invece, feconda, con il suo passare, questa povera terra e la rende Santa: Terra Santa, Terra Promessa, attraversata da schiere di discepoli, di testimoni credibili del Vangelo.

“Maria si alzò e andò in fretta…” perché vi è una costante urgenza di operare il bene, di operarlo subito, adesso. Domani è troppo tardi.

Quel passo evangelico è risuonato nel cuore e nella mente delle migliaia di Giovani presenti alla GMG di Lisbona, lo scorso agosto.

Il bene non può attendere; il bene “non fatto” non sarà mai più compiuto: era “di competenza nostra” prestare le mani, il volto, il cuore a Cristo, perché proseguisse nel tempo a risanarci e a guarirci dalle ferite del peccato.

Tocca a noi, ora, come a Maria Santissima, affrettarci, perché la luce della carità possa giungere ancora dovunque, là dove viviamo, dove lavoriamo, dove affrontiamo ogni giorno la buona battaglia della fede.

Tocca a noi scegliere: o l’ansia perversa di compiere il male o la sollecitudine santa di “alzarsi e partire”, ancora una volta, ogni giorno, sempre, per fare del bene, per portare la luce dell’amore dovunque.

 

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