Pillole di SpiritualiTà
Buttiamoci ai piedi del Signore e supplichiamolo perché ci restituisca la sua amicizia e ci ristabilisca in una magnifica e casta fraternità d'amore. (San Clemente I, papa)
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LA VITA NON È TOLTA MA TRASFORMATA
SETTEMBRE 1976: L’INCONTRO
Tutto inizia quando un giovane calabrese decide di partire dal suo paese per andare in Germania: voleva vederla con i suoi occhi per una settimana e poi tornare, almeno così disse a sua madre. Allora partì, ma in quel giorno di settembre del 1976 sarebbe cambiata la sua vita, sì... così inizia la nostra storia e così nasce la nostra famiglia. Lo stesso giorno in cui arriva Giuseppe in Germania si trova con la zia a fare la spesa, nel tardo pomeriggio, in un piccolo negozietto che vendeva alimenti italiani. Proprio qui vede quella ragazzina che faceva fatica a prendere la schiuma da barba e si trovava di spalle. Lui avvicinandosi le disse: “Ti aiuto io!”, lei si voltò e lui rimase folgorato.
La sera stessa chiama i suoi genitori dicendo che non sarebbe più tornato perché aveva incontrato la donna che voleva sposare. Dall’ora sono passati 44 anni di vita piena.
FEBBRAIO 1980: CE LA FAREMO
In questi 44 anni ne sono successe di tutte. Il 28 febbraio 1980 partorivo il mio primo figlio e tutto doveva essere gioia, ma così non fu. La morte si presentò senza nessun preavviso e quel figlio atteso per 9 mesi nasce morto: il cordone ombelicale gli è stato fatale. Scomparve la gioia dell’attesa, c’erano solo lacrime e rabbia. Si, tanta rabbia che non mi faceva vedere più niente di buono.
Uscita dall’ospedale, incontrai un bambino diversamente abile e dissi a Dio: “Credi che se me lo avessi dato così, non avrei saputo amarlo?”.
Tornata a casa con Giuseppe smontammo la culletta, conservammo il corredino e, alla fine, ci stringemmo nel nostro amore e ci siamo detti: “Bisogna ricominciare, insieme ce la faremo”.
APRILE 1981: LA GIOIA DI ROSARIA
L’anno dopo, il 4 aprile del 1981 a Wuppertal in Germania, io partorivo la mia seconda creatura: Rosaria. Con lei il sole entrava nella nostra casa; la gioia era così grande che il cuore mi scoppiava.
Tutto procedeva bene, lei cresceva e i suoi occhi grandi sembravano che ti trapassavano l’anima.
Rosaria aveva all’incirca 9 mesi che tutto crollò: un semplice raffreddore che ogni giorno diventava più grave, il medico era tranquillo dicendo: “Signora dia il tempo alle medicine di fare il loro effetto”, ma io non ero tranquilla per niente, vedevo come tossiva e, di colpo, quel piccolo fagottino è diventato bluastro: la corsa in ospedale, dopo un po’ ci portarono in reparto, uno strano reparto, le stanze erano separate, c’era un letto e una culla ed un finestrone di vetro da dove le infermiere mi parlavano, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, nessuno mi diceva niente se non: “Signora dobbiamo ancora aspettare”, così ogni giorno…
MAGGIO 1981: LA SENTENZA
Passò un mese dove non poteva venire nessuno, solo Giuseppe attraverso una vetrata.
Ci fu la prima diagnosi: polmonite. Ma non era tutto. I medici mi dissero che per loro aveva una malattia rara, ma non erano sicuri della diagnosi. Per questo motivo ci trasferirono in un’altra clinica dove si studiavano le malattie rare. Quando uscii dal reparto mi resi conto, leggendo la scritta, che eravamo state nel reparto delle malattie infettive. Ecco perché nessuno poteva entrare. Mi si gelò il sangue, stava succedendo qualcosa, sembrava ci stesse travolgendo una tempesta e non sapevamo come ripararci. Così per tutto il viaggio imploravo Dio di farci uscire da tutto quel buio.
Arrivammo e ci portarono direttamente nel reparto per malattie rare. I giorni passavano con mille visite e analisi, ma nessuna risposta, sembrava che il tempo si fosse fermato, finché arrivò quel mattino del 28 marzo quando passarono i medici per la visita, dicendo: “Signora aspettiamo l’ultimo referto, ma nel pomeriggio potrà tornare a casa”. Così chiamai a casa dicendo che nel pomeriggio mi venissero a prendere. Intorno alle ore 17 venne il primario in stanza e mi disse: “E’ sola?” ed io rispondo che da lì a poco sarebbero arrivati mio marito e mio padre. Il dottore mi disse di andare nel suo ufficio appena fossero arrivati. Guardavo in fondo al corridoio, poi l’orologio e non vedevo nessuno. Guardai di nuovo l’orologio ed erano le 17:30; ecco che spuntano Giuseppe e mio padre. Così ci recammo nell’ufficio del primario, ci invitò a sederci, ma il suo volto non promise niente di buono. Iniziò a parlare dicendo molte cose tecniche e poi la sentenza: “Amiotrofia spinale di tipo Werding Hofmann” e la bambina non vivrà più di 14 mesi.
DOV’ERA DIO?
Non so come sono sopravvissuta a quel momento: non avevo voce, non avevo lacrime, volevo solo che il pavimento si aprisse. Vedevo mio marito e mio padre piangere, ma io ero là, un essere senza vita, mi sentivo paralizzata e non capivo dove era Dio e il motivo di tutto questo. Uscii di colpo da quella stanza e mi recai nella stanza dove avevo lasciato Rosaria, la presi in braccio e me la stringevo al cuore dicendo: “Nessuno ti porterà via da me”. Ero come impazzita e per giorni nessuno riusciva a togliermi Rosaria dalle braccia, persi il lume della ragione.
Per un po’ di tempo erano tanti i pensieri che mi frullavano in mente. Il primo di tutti era che non avevo capito perché ero in Germania, allora volevo tornare in Italia e così avrei capito meglio; oggi posso dire che avevo capito benissimo, mi nascondevo solo per non accettare quello che stava succedendo. In effetti poi i medici italiani confermarono tutti la stessa diagnosi.
Il tempo passava e Rosaria era lì. Passarono gli anni e tutto sembrava non avere una logica in base a quello che sostenevano i dottori. Rosaria era lì viva; dopo 14 anni esatti Rosaria volava al cielo, il 28 Marzo 1996 alle ore 17:30. I 14 mesi sono diventati 14 anni. I medici non si sono sbagliati, la diagnosi è rimasta sempre la stessa fino alla fine.
I medici di Bologna non potevano credere che Rosaria fosse vissuta così tanto, si sono espressi così: “Solo un grande amore ed una dedizione totale possono fare questi miracoli”.
Negli ultimi momenti della sua vita Rosaria mi diceva: “Mamma, mi vedi sono guarita. Papà, nonna venite e cantate con me il Gloria e poi l’alleluia”. Ma io vedevo che stava male, nei suoi ultimi minuti mi dice: “Mamma, ora Rosaria se ne va” ed io risposi: “No sei qui nel tuo letto” e lei: “Mamma, c’è Dio, vado con Dio”; così volò via con il suo Dio che aveva tanto amato.
OTTOBRE 1987: L’ARRIVO DI GIASTIN
Nel frattempo che Rosaria cresceva, aveva 5 anni, mi resi conto di essere in attesa della mia terza creatura. Non ebbi nessuna paura: i medici erano stati chiari, questa malattia colpisce un figlio su 4 e se colpisce il gene femminile non colpisce quello maschile. Così affrontai la gravidanza con molta serenità. Giastin nasce il 29 Ottobre 1987, quando l’ostetrica la vide mi disse: “Oggi è nata una star”. Mi misi a ridere e chiesi perché. Lei mi rispose che sembrava che stesse già in posizione per una foto ed aveva un visino così furbetto che le infermiere se la passavano a turno in braccio.
In quel periodo eravamo in Germania; Rosaria era in Italia con i miei genitori, così decidemmo con Giuseppe di rientrare. Giastin stava bene, tutte le visite mediche lo confermavano; così inizia a crescere ed inizia a camminare. Eravamo sereni e Rosaria era felicissima della sua sorellina, la “stracoccolava” e se mai Giastin avesse avuto il problema della parola, Rosaria era sempre pronta a sibillare ogni parola. Infatti Giastin era un “fiume in piena” per tutto quello che diceva e Rosaria era strafelice per ogni sua nuova parola.
OGNUNO PER LA SUA STRADA
Ma presto tutta questa pace sarebbe scomparsa, mi rendo conto che Giastin faceva fatica a stare in piedi, non scendeva più sola dal lettone, qualcosa non andava e la portai in ospedale. Il medico mi disse, dopo averla visitata, che i riflessi c’erano e la bambina stava bene, che stavo diventando paranoica ma, vedendo la mia preoccupazione, mi disse che dopo Pasqua l’avrebbe ricoverata e approfondito la cosa. Mi chiese se ero cosciente di tutto quello che avrebbe dovuto affrontare la bambina ed io risposi di sì. Quella Pasqua non passava mai, non vedevo l’ora di ricoverarla.
Così arrivò il giorno; passò un mese prima di avere tutto il quadro completo. Quel giorno ero sola in ospedale con Giastin, mi chiamò il primario e mi disse: “Carolina ti confermo quello che pensavi, Giastin è affetta dalla stessa malattia di Rosaria, ma non me lo riesco a spiegare.”
Inutile aggiungere quello che è successo dentro di me. È qualcosa che ti devasta l’anima, il tuo corpo non lo senti più. Già di Rosaria avevo detto a Dio: “Tu per la tua strada ed io per la mia”. Ora ancora di più cresceva la mia rabbia verso di Lui ed ancora di più sprofondavo nel buio. Quella rabbia diventava come una forza sovrumana e la sfida di farcela senza di Lui e non soccombere. Ma non era tutto; da lì a una settimana Giuseppe avrebbe avuto un bruttissimo incidente e sarebbe stato un anno allettato: tutto questo mi sprofondava ancora di più nel buio della mia solitudine dell’anima.
Giastin intanto cresceva, aveva due anni e mezzo quando vedendo un Crocifisso mi chiese: “Mamma, ma Gesù perché lo hanno messo in croce, è stato cosi monello?”
Senza pensare le rispondo: “No Giastin, Gesù è morto per amore per te, per me e per tutti”. Quella risposta quel pomeriggio l’avevo data a me stessa ed incominciai a farmi mille domande.
DIO SI FA CONOSCERE
La mattina seguente mi avvicinai al letto di Rosaria per svegliarla e lei era solita dirmi: “Mamma, ti amo”: questo era il suo buongiorno; guardai i suoi occhioni e capii subito che Dio mi stava dicendo: “Ti Amo”: me lo aveva ripetuto ogni giorno, senza stancarsi mai e da quel momento avevo trovato una medicina per le mie figlie, ma nessuna casa farmaceutica poteva produrla, costava troppo. Gli unici che potevano investire tutta quella somma eravamo io e Giuseppe. Sì, perché quella medicina si chiamava “Amore”.
Da quel giorno tutto cambiò, una luce iniziava ad emergere fino alla mia confessione con un santo sacerdote. Quella sera sono tornata a casa. Sì a casa, quella casa dove Dio Padre mi aspettava per fare festa, quella festa la porto ancora nel cuore e nell’anima. Dopo la mia conversione niente mi spaventava e nessuno mi poteva fare del male.
MAGGIO 1994: LA VITA DI COSIMO
Passarono alcuni anni ed io mi ritrovo nella mia quarta gravidanza. Decisi di fare l’amniocentesi, volevo affrontare tutto dall’inizio. Così il verdetto è stato lo stesso, ma questa volta non ero arrabbiata, sapevo che Dio era con me e così decisi per la vita e con la vita. Cosimo nasce il 9/5/1994: un maschietto. Qualcosa non tornava perché i dottori sostenevano che se colpisce il gene femminile non poteva nulla sul gene maschile. E non era uno su quattro? Ancora oggi non sappiamo cosa sia successo ed il perché. Il genetista ci ha semplicemente detto: una fatalità e che può succedere un caso su un miliardo di persone. Siamo stati scelti noi. Oggi siamo consapevoli che nella nostra casa abbiamo ospitato tre anime meravigliose, che hanno allietato le nostre giornate e che ora in cielo continuano a starci vicino. La morte separa i corpi non le anime. Ci sentiamo uniti quando preghiamo o quando ci comunichiamo con il Sacramento Eucaristico. Cristo ha sconfitto la morte per noi, per voi e per tutti.
La loro vita è stata strapiena di bellezza ed alla fine hanno vinto loro, la loro anima è stata sempre gioiosa e serena in Dio.
Oggi io li definisco così: Rosaria la luce, Giastin l’annuncio e Cosimo la preghiera. Questi elementi hanno bisogno l’uno dell’altro come in un cerchio, un filo continuo.
LA VITA NON È TOLTA MA TRASFORMATA
Giastin vola al cielo il 21 Febbraio 2004, indossando le sue scarpe di danza perché la prima cosa che avrebbe fatto in cielo è danzare per il suo Dio.
Cosimo vola al cielo il 24 febbraio 2009 dopo aver ripetuto per tre volte: “Gesù tu sai che io ti Amo”. Il miracolo si è avverato anche in Giastin e Cosimo: Dio ha prolungato i loro giorni anche se non sono vissuti 90 anni: Rosaria 15 anni, Giastin 16 anni e Cosimo 14 anni.
Tutti i nostri figli hanno scelto il cielo dopo un breve periodo con noi ma il loro passaggio non è stato inutile e come diceva Giastin: “Il mondo è bello proprio perché ci sono alberi diversi, fiori diversi e soprattutto persone diverse ed ognuna di queste persone è un tassello importante che vale e serve per completare il puzzle di Dio”.
Tratto dal sito https://rosariagiastincosimo.com/
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