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LA VIRTÙ DELLA SPERANZA

di Sr. M. Veronica Sarno icms

Un noto vocabolario della lingua italiana dà questa definizione della speranza: «Sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera». Non è difficile confondere questa descrizione della speranza con il fatalismo. La speranza cristiana – la virtù teologale infusa nella nostra anima al momento del Battesimo –si fonda invece sulla solidità delle promesse di Cristo e sull’aiuto e il sostegno della grazia dello Spirito Santo, come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica.

«La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull'aiuto della grazia dello Spirito Santo». (C.C.C. al nº 1817) È chiaro che l’oggetto della speranza cristiana è diverso da un semplice desiderio del cuore. Il Catechismo aggiunge che essa – la speranza – risponde ai più alti desideri del cuore dell’uomo, che Dio stesso ha posto in esso. Le aspirazioni del cuore umano, dunque, non si limitano a un vago star bene qui, sulla terra, ma si innalzano fino al cielo. Se, per assurdo, immaginiamo il nostro mondo senza la Redenzione operata da Gesù, vedremmo una coltre di oscurità che lo avvolge, sotto la quale regnerebbero tristezza e angoscia. La vita dell’uomo sulla terra è costellata di difficoltà e dolore, un cammino difficile che, senza la promessa del “passaggio” alla vita eterna, sarebbe insopportabile. Pensare di vivere per poi morire – e quindi senza un senso alto dell’esistenza – porta allo scoraggiamento e a un senso di vuoto. L’assenza di luce produrrebbe un bieco egoismo, capace solo di degradare l’uomo a livello degli animali.

«SPE SALVI facti sumus» – “nella speranza siamo stati salvati, dice san Paolo ai Romani e anche a noi (Rm 8,24). La «redenzione», la salvezza, secondo la fede cristiana, non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino”. Queste parole del Papa Benedetto XVI, tratte dall’enciclica Spe Salvi, ci immettono direttamente nel tempo Pasquale che stiamo vivendo. Ci è offerta la possibilità di rafforzare la nostra speranza riflettendo sui Vangeli proposti ogni giorno, in particolare su quelli festivi. Con la venuta del Figlio di Dio sulla terra, con la sua entrata nel tempo, il Padre ha dato l’avvio al completamento dell’opera di salvezza. Con la passione, morte e risurrezione di Cristo è entrata nel mondo la Luce, quella vera, che ha diradato le tenebre che avvolgevano la nostra Terra. In Gesù è offerta a ogni uomo la possibilità di sperare in un mondo rinnovato e redento. Ci è data la possibilità di vivere nella luce dell’amore di Dio. «Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi». (Gv15,9) È questa la sconvolgente novità del Vangelo annunciato da Gesù. L’uomo scopre di essere amato per primo senza alcun merito; e senza merito è tratto fuori dalle tenebre, per vivere nella luce. Sapere di essere amati, pur essendo peccatori, genera nel cuore la riconoscenza, accompagnata dal desiderio di ricambiare tale amore. «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Ecco perché il Signore può dire queste parole. Il cristiano, che scopre sempre più l’amore gratuito di Dio su di sé, sente prepotente nel cuore il desiderio di corrispondere a tale amore e lo fa con l’osservanza dei Comandamenti di Dio, sperimentando la pienezza di gioia promessa da Gesù. Nel nostro tempo assistiamo, invece, alla perdita della fede e conseguentemente della speranza. L’uomo contemporaneo non intravvede più un futuro luminoso davanti a sé; le varie promesse di una vita felice sulla terra si sono rivelate via via false, togliendo all’uomo la capacità di sognare. L’uomo che non spera si abbandona al pessimismo, alla bruta materia, all’egoismo. Tutto perde di senso quando l’esistenza è continuamente minacciata di distruzione. Nell’epoca moderna si è sempre più consolidata l’idea – diventata poi prassi- che il progresso scientifico rappresenti la salvezza dell’uomo. Ma, come si ribadiva in precedenza, la scienza non salva l’uomo. Benedetto XVI, nella succitata enciclica, afferma che l’uomo è salvato dall’amore. Quando ognuno di noi sperimenta un grande amore, quello è un momento di “redenzione”. Ma l’essere umano si rende presto conto che anche quell’amore, seppur grande, porta con sé la fragilità, perché può essere distrutto dalla morte. «L’essere umano ha bisogno dell'amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: «Né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39). Se esiste questo amore assoluto con la sua certezza assoluta, allora – soltanto allora – l'uomo è «redento», qualunque cosa gli accada nel caso particolare». (Spe Salvi nº 26)

La vita dell’uomo è un cammino verso una meta lontana, ma ben definita; un cammino spesso irto di difficoltà, un mare a volte burrascoso. Ci fanno da guida in questo cammino “gli astri del cielo”, le persone che hanno saputo vivere rettamente su questa terra. Chi più di Maria, la Stella del mare, che nella sua esistenza ha saputo sperare contro ogni speranza. Tu, oh Maria, incarnavi la speranza messianica di Israele, del Liberatore promesso da secoli. Quale contrasto, quando, nel Tempio di Gerusalemme, le misteriose parole del vecchio Simeone facevano presagire piuttosto un dolore enorme: sul Golgota, infatti, il Salvatore, il Figlio di Dio, appeso a un patibolo, sarebbe spirato tra dolori atroci. La tua speranza, Madre, ti ha condotta non senza dolore al mattino della Risurrezione. Certamente erano sempre vive in te le parole dell’Angelo, pronunciate al momento dell’Annunciazione: “Non temere Maria”. Non temiamo, dunque: la nostra vita è nelle mani di Dio e la nostra speranza è fondata sul Suo Amore Assoluto: “Non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici: e voi siete miei amici se fate quel che vi comando”.

 

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