Pillole di SpiritualiTà
La grazia di Dio sarà il vostro conforto. (dalle Memorie di suor Lucia)
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Rilettura quaresimale di una parabola evangelica
di Mario Rocca
Che cos’è la libertà? Molto più di una possibilità di “fare o non fare”. La libertà è una legge: la principale, sulla quale verterà il giudizio di Dio. È comune a tutti per natura, eppure è declinata al singolare: l’uomo, ognuno, è essenzialmente libero, e la libertà ci contraddistingue per il fatto che siamo creati essenzialmente a immagine e somiglianza di Dio. Ciò che possa ledere i corpi, per quanto lo voglia, non potrà mai influire sull’anima immateriale, privandola della sua libertà costitutiva: i martiri ne sono esempio raggiante. Solo può essere persa dall’uomo stesso, che, proprio in virtù della sua libertà, perdendo la grazia, gradualmente nel vizio si sottomette al peccato. Ma proprio per il motivo che ci è “costitutiva”, siamo comunque in grado – con l’aiuto dell’azione di Grazia dello Spirito – di ritornare nella rettitudine. La libertà, dunque, è un dono di Dio, ma è anche una risposta dell’uomo a una Parola rivelata, con cui Dio ci viene incontro.
Prima peregrinazione della libertà
La parabola del “figliol prodigo” rappresenta una mirabile sintesi della dinamica della libertà. Un uomo aveva due figli, entrambi ricevono dal padre il loro lascito. L’eredità non è conquistata, ma è donata dal padre, che è Dio Padre, il quale dona gratuitamente l’essere alle creature e la vita, ma anche dona quell’inestimabile prerogativa essenziale dell’uomo che è appunto la libertà… anche se uno nascesse schiavo, possiede una libertà peculiare, di una potenza tale (poiché legata all’anima immateriale e non ai corpi) da diventare santo. Ora, il secondo figlio, ereditata la libertà, la investe, ma lo fa male e disordinatamente e quindi la dilapida. L’andare lontano, è andare lontano dal Padre, e dalla Chiesa, che è sacramento di salvezza: è la libertà che non si riconosce più dipendente da un fondamento, ma che da sé decide di realizzarsi, investendo sui beni finiti; ma tali beni, indipendentemente dalla loro bontà, se non sono ordinati a un progetto di eternità, sono destinati a terminare. Il divenire di questi, pertanto, consuma l’eredità del secondo figlio: ossia ne sottomette al peccato la volontà, in virtù della stessa libertà che fu donata da Dio.
In seguito alla carestia, il figliol prodigo è costretto a pascolare i porci per sopravvivere. Perché i porci? oltre ai chiari riferimenti all’impurità e alla sozzura dell’animale, si tratta di uno dei pochi animali che non è in grado di alzare la testa: metafora di una libertà che, piegata al peccato, perde la Grazia, per la quale all’uomo è data la facoltà di volgere l’occhio dell’anima al cielo, ossia ai beni eterni, quelli essenziali per l’anima e non quelli caduchi. Si manifesta, nel racconto, l’anelito a risorgere, da parte di una libertà che ha scelto di consumarsi con il flusso del divenire dei beni finiti, e disordinatamente si trova dilapidata e a capo chino, costretta a vivere con i porci; e, seppur creata per risplendere nella gloria dei beni eterni, si trova a essere pastore di porci e a “saziarsi con le carrube che mangiavano i porci” stessi. (Lc. 15,16).
La libertà è un dono di Dio, un’eredità talmente pesante, da tentarci di “partire per un paese lontano” (Lc. 15,11-32); si comprende che la libertà è una risposta dell’uomo a una Parola di Dio che viene gratuitamente incontro, e questa risposta è una potentissima e gravosa eredità dalla cui gestione si determinerà la risurrezione dell’anima, in benedizione o in maledizione.
Seconda peregrinazione della libertà
La seconda risposta del figliol prodigo è l’essenza della Quaresima: la conversione. Dio è Vita, eternamente e sovrabbondante Vita: la libertà che torna al Padre vive in eterno, ma quella che Lo rinnega, morrà in eterno. La conversione, pertanto, è un “tornare in vita”, una liberazione. Questa è la Quaresima: non una tradizione, o un toccasana per la salute, ma piuttosto un tempo di conversione, nel quale si cerca la compunzione del cuore, quel pungolo per il quale rinizia la seconda peregrinazione della volontà. Essa, dai “paesi lontani”, schiava nel divenire e nel dissolversi dei beni, capisce che solo nella Grazia, ossia nell’amore, può tornare all’amore, presieduto dallo Spirito Santo, vincolo d’amore tra il Padre e il Figlio, e si prepara a risorgere in Cristo, esclamando con Tommaso Apostolo “Mio Signore e mio Dio”. Questa è la Pasqua: la risurrezione della libertà, il ritorno al Padre. Riponendo la domanda iniziale: che cos’è la libertà? rispondiamo che è la legge su cui verterà il giudizio di Dio; ma è piena nella Grazia e risorgerà nella Vita eterna o morrà in eterno, perché solo Dio è Vita e Amore. Dunque, la libertà viva è la facoltà di ritornare al Padre. Egli totalmente si è donato al Figlio, il quale si restituisce totalmente al Padre ed esclama “non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42): la libertà viva, perciò, è obbediente.
Come si può, del resto, volere l’amore se si è separati dall’Amore? L’obbedienza, che cos’è: forse privazione della libertà? In realtà il termine “obbedienza” deriva da ob – audire: cioè ‘ascoltare verso’. Questa è la conversione quaresimale: rivolgere l’orecchio della fede a una Parola di Amore che ci viene incontro e che noi liberamente possiamo abbracciare per essere liberi. Qui c’è l’essenza del ritornare al Padre: andare al di là del mio modo di pensare. Il Padre ha mandato il Figlio perché col Suo sacrificio ci ha riscattati e ci ha resi figli, affinché potessimo partecipare della salvezza e del mistero d’Amore; in Cristo siamo stati liberati. L’obbedienza è conversione, per cui compiamo l’identificazione con Cristo, incontriamo il Volto di una Persona, che ci ha riscattati compiendo l’alleanza, e che ci ha mostrato la via della salvezza. Il tornare al Padre non è eseguire una serie di comandi, ma è incontrare Cristo, convertirsi a Lui e misticamente abbracciarlo. Lasciare le mie prospettive e prendere quelle di Cristo. La conversione, dunque, non è un cambiare direzione solamente, ma cambiare la mia testa, il mio pensiero con quello di Gesù: in sintesi, identificarsi con Cristo.
La Misericordia
Questo compie il figliol prodigo e questo ci chiama a fare la Quaresima: prepararci a risorgere, contemplando Cristo e obbedendo, ossia ascoltando Cristo, volgendoci verso Cristo. E che cosa ci dice? Come fa il figliol prodigo dopo aver dilapidato tutto? Com’è possibile che anche noi possiamo risorgere nella Vita in Cristo, dopo tutte le peregrinazioni della libertà? Questa è l’essenza della parabola del figliol prodigo, l’abbraccio della Misericordia del Padre, e l’abbraccio del penitente con una Persona, Cristo, la Misericordia. Per quel mistero insondabile che è la Misericordia, che continua a chiamare la libertà “vagabonda”, che cerca ghiande tra i porci e che, china verso terra, grugnisce. Questo è il mistero dell’Amore, e il dono gratuito impagabile e insondabile: la Misericordia. E Gesù dice a Santa Faustina delle parole superlative, che auspico siano le acque dove gettare le reti della fede in questa Quaresima, che è la nostra vita:
«I più grandi peccatori pongano la loro speranza nella Mia Misericordia. Essi prima degli altri hanno diritto alla fiducia nell'abisso della Mia Misericordia. Figlia Mia, scrivi sulla Mia Misericordia per le anime sofferenti. Mi procurano una grande gioia le anime che si appellano alla Mia Misericordia. A queste anime concedo grazie più di quante ne chiedono. Anche se qualcuno è stato il più grande peccatore, non lo posso punire se esso si appella alla Mia pietà, ma lo giustifico nella Mia insondabile ed impenetrabile Misericordia. Scrivi: prima che io venga come Giudice giusto, spalanco la porta della Mia Misericordia. Chi non vuole passare attraverso la porta della Misericordia, deve passare attraverso la porta della Mia giustizia» (6.VI.37.)
Tale è il pensiero di Cristo, che sorpassa infinitamente il misero nostro pensiero; e identificarsi con Cristo non può che chiamarci a cercare di rassomigliargli il più possibile. Per questo mistero commovente, che è la Misericordia, la nostra libertà, al tramonto della vita, se ha fiducia e se commossa abbraccia il Risorto – che in ogni Santa messa risorge nell’Eucarestia – allora può sperare di risorgere per sempre alla Vita stessa. Questo è il senso autentico della nostra esistenza.
Una tentazione enorme e ricorrente – di coloro che hanno rimesso la loro eredità, giustamente, come il figlio primogenito, nelle braccia del Padre – è il fariseismo, che si lamenta della Misericordia di Dio, invocando equità come presunta giustizia, spesse volte appellandosi addirittura alla verità. La verità... la verità è quella che, con buon senso e a ragione, usa il figlio primogenito nella parabola. Ma – chiedo – che cos’è la verità? La verità è Cristo (Gv 14, 6), che è la Misericordia: non c’è intima verità che vada disgiunta dalla Misericordia, per questo Gesù risponde ai farisei: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano» (Lc 5,27-32).
Che diritto abbiamo noi di condannare, se Cristo stesso ha usato così sovrabbondante Misericordia con noi? Prendere il “nous” di Cristo vuol dire diventare misericordiosi come Dio lo è stato e lo è con noi. Concludo, così, con l’auspicio che questa Quaresima sia un’occasione per “imparare la Misericordia”, partendo dal rapporto col prossimo. A questo ci esorta Gesù, che a Santa Faustina rivolge queste parole:
«Ogni anima, e specialmente un'anima consacrata, deve rispecchiare in sé la Mia Misericordia. Il Mio Cuore è colmo di pietà e di Misericordia per tutti. Il cuore della Mia Sposa deve essere simile al Mio Cuore; dal suo cuore deve sgorgare la sorgente della Mia Misericordia per le anime, altrimenti la sconfesserò» (20.VI.1937)
SAN BERNARDINO E IL CRISTOGRAMMA IHS
La devozione per il Santo Nome di Gesù
LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
PRIMA PARTE
LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
SECONDA PARTE
LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
TERZA PARTE
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La Rivista ufficiale della
Famiglia del Cuore Immacolato di Maria
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