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L’IDEALE DELL’ANIMA FEMMINILE

Il peccato e la disumanizzazione dell’essere femminile: la Vergine Maria come “soluzione” che rivela la donna a se stessa

di Suor Caterina Gatti icms

Edith Stein, nel trattare l’argomento della natura e vocazione della donna, tratteggia quello che lei stessa definisce “l’ideale dell’anima femminile”. L’anima della donna deve essere ampia e aperta all’umanità; silenziosa, perché il silenzio è necessario per sentire anche le voci più flebili; piena di pace; calda e luminosa, per aiutare a crescere anche “le piantine” che stentano, e perché non vi regnino erbe cattive nelle pieghe e negli angoli scuri; riservata, chiudendo le porte ad irruzioni esterne che possono essere pericolose; vuota di sé e raccolta, per lasciare in sé spazio alla vita altrui; padrona di sé e del proprio corpo, e dunque non schiava di se stessa e dei propri umori (cfr. anche Sposati e sii sottomessa, C. Miriano, pag. 65-66).

Per acquisire queste qualità dell’anima femminile, la Stein indica la necessità della grazia di Dio, in particolare per quanto riguarda l’esser vuota di sé e raccolta: “Certo, quando il proprio io chiassoso viene escluso, si crea evidentemente spazio e pace, e gli altri possono trovare posto e farsi udire. Ma ciò non deriva mai dalla semplice natura. […] Da soli, certo, non possiamo fare ciò, è Dio che deve operare. Ma pregarlo in questo modo, è più facile alla donna che all’uomo, perché in lei vive il desiderio naturale di donarsi tutta. Se comprende realmente che nessun altro fuorché Dio è degno di prenderla tutta per sé, e che è una rapina fatta a Lui donarsi tutta ad un altro, questo dono di sé non le parrà più duro, ed ella si libererà così da sé stessa. Ed è ovvio che allora si chiuderà nel proprio castello interiore, mentre prima si abbandonava alle tempeste che premevano dall’esterno, anzi, usciva da sé per cercar fuori ciò che potesse calmare la sua fame. Ma ora ha tutto quello di cui abbisogna; esce da sé solo quando è mandata, e si apre solo a ciò cui le è consentito aprirsi” (da La donna). Parole che sembrano rivolte ad una religiosa, ma che invece riguardano ogni donna. Infatti anche la donna sposata, se sta primariamente al servizio di Dio, starà certamente anche al servizio del marito, che è colui che Dio vuole che ella “serva”.

Tali qualità o proprietà dell’anima femminile “ideale” vanno considerate non tanto come delle distinte proprietà dell’anima da acquisire e sviluppare singolarmente, quanto piuttosto come un unico complesso di qualità, una sorta di “stato complessivo” dell’anima, considerato da diversi punti di vista. E queste qualità vanno appunto acquisite sia con lo sforzo personale e con il lavoro su di sé, che con il ricorso alla preghiera per implorare l’intervento di Dio. Anzi, è proprio l’azione di Dio ad essere necessaria dato che “questo stato non possiamo crearlo con la semplice volontà. […] Ecco ciò che noi possiamo e dobbiamo fare: aprirci alla grazia, cioè rinunciare pienamente alla nostra propria volontà, facendola prigioniera del volere divino, porre nelle mani di Dio tutta la nostra anima, pronta ad accettare la sua opera formativa”.

 

Peccato e “sfemminilizzazione” della donna.

È interessante il discorso riguardante l’importanza, per non dire la necessità, dell’intervento divino nell’acquisizione e nello sviluppo delle qualità dell’anima femminile. Questo discorso si ricollega con quanto già detto negli scorsi articoli, parlando della “vocazione femminile”, a proposito del legame tra peccato originale e mancato sviluppo delle attitudini femminili. Se la concupiscenza lasciata nell’essere umano dal peccato originale è causa di difficoltà nello sviluppo pieno della femminilità, questo riguarda non solamente le “attitudini” della donna, ma anche le qualità dell’anima femminile.

Cercando di dare una lettura in questa chiave alle vicende odierne, si può dare una spiegazione del perché possa accadere che una madre getti via il proprio bambino, appena nato, nella spazzatura, o del perché una donna decida di sopprimere quella creatura che porta nel grembo: l’allontanamento da Dio, unito alla “macchia” lasciata dal peccato originale – e rafforzata dal non vivere in grazia di Dio – porta la donna a “sfemminilizzarsi”, ad essere cioè sempre meno donna. Si tratta di una sorta di disumanizzazione dell’essere femminile, che conduce a “dimenticare” (cioè a non percepire più) e dunque a tradire quella primaria vocazione ad essere sposa e madre. “Non si può pensare che una madre arrivi a uccidere un figlio – con l’aborto – andando così contro tutto il suo essere di madre, se non a causa di una perversione profondissima della quale non è consapevole” (Ugo Borghello, da Liberare l’amore). È come se quell’istinto materno – anche se nell’uomo non si può parlare di ‘istinto’ – venisse in qualche modo soffocato, cosa che invece non succede negli animali, proprio perché in loro di vero istinto si tratta, e ad esso “obbediscono” come ad una legge, senza potervisi sottrarre.

 

Diventare sempre più donna grazie all’incontro con Cristo.

Non basta dunque un semplice sforzo della volontà per acquisire e sviluppare queste qualità elencate dalla Stein, dato che si tratta di proprietà dell’anima e non semplicemente di comportamenti esteriori: solo l’intervento divino può qualcosa a riguardo. La donna che incontra Cristo e si lascia toccare dalla grazia divina, dunque, ha la possibilità di diventare sempre più donna. Non è un caso che sia proprio Maria Santissima – sposa, Vergine e Madre – il vero modello per ogni donna. In effetti la Madonna incarna in sé un ideale di personalità femminile che illumina la vita di ogni donna. Sicuramente è Cristo il modello per ogni essere umano, uomo o donna che sia. Ma, secondo anche quanto emerge dagli studi di Edith Stein (si veda ad es. il discorso dell’anima femminile) non può essere lo specifico modello della personalità femminile. Potremmo dire che la Madonna è un modello differente e complementare di quel modello assoluto che è Cristo, suo Figlio. Possiamo anche dire che Maria Santissima aiuta la donna a scoprire la sua specifica vocazione, rivelando la donna a se stessa.

La Santa Vergine non è stata macchiata dal peccato originale, dunque in Lei lo sviluppo delle attitudini femminili e delle qualità dell’anima femminile non ha trovato alcuna sorta di ostacolo o resistenza, per lo meno non quelle causate dalla concupiscenza e comunque dai peccati personali. Anche Gertrud von Le Fort, nel suo libro “La donna eterna” (1934) sottolinea che la donna, quando è più profondamente donna, si dona ed è proprio donandosi che diventa sposa e madre; ecco perché in lei è presente l’amore, la bontà, la compassione, la cura e la protezione. Questo, però, non vuol dire che ella realizzi sempre il positivo: rimane costante in lei la tentazione di cercare se stessa tagliando il legame con Dio, ed è proprio ciò che ha fatto la prima donna, Eva.

 

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