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DIO SI È FATTO UOMO

Dichiarazione d’amore all’umanità

di P. Roberto Argnani icms

“Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio”… che “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.”

Questa è la verità che ogni cristiano professa – ogni domenica – e che, in un certo senso, fonda la sua speranza e la sua gioia.

Di fronte a un “fatto storico”, che tocca la sua vita, l’uomo si domanda: perché è accaduto questo? Non è la domanda che il bambino pone all’adulto – per esempio dinanzi al Crocifisso – a cui rispondiamo: “è successo questo, perché gli uomini possono essere tanto cattivi”. Si tratta, piuttosto, di un quesito filosofico – e poi necessariamente teologico – che spalanca la mente al senso profondo della realtà: “Cur Deus homo?” (Perché Dio [si è fatto] uomo?) e che richiama anche il titolo di una famosa opera scritta da Sant’Anselmo d’Aosta, nel 1098.

Un paio di secoli più tardi San Tommaso d’Aquino ci indicherà che Dio, pur rimanendo Dio, si è fatto vero uomo in Gesù Cristo, per essere il perfetto “mediatore tra Dio e gli uomini”, perché “sebbene togliere il peccato come causa efficiente spetti a Cristo, in quanto è Dio, tuttavia soddisfare per il peccato del genere umano gli spetta in quanto è uomo.” (STh III q.26, a2)

Per entrambi i Santi, comunque, l’umanità di Cristo è reale, completa (composta di anima e corpo) e perfetta, così come i Padri della Chiesa affermavano con questa espressione: “ciò che non è assunto non è redento” e altre simili.

L’Incarnazione, dunque, risulta a questo punto segno dell’infinito amore che Dio nutre verso gli uomini, perché questa sua iniziativa non era né dovuta né scontata. Eppure, come dice l’Apostolo, “quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi” (Rm 5,6) ed è per questo motivo che “Dio dimostra il suo amore verso di noi, nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” (Rm 5,8).

Segno di questo grande amore, poi, è anche il fatto che il Figlio di Dio sapeva benissimo che questo processo sarebbe stato “irreversibile”, che non avrebbe cioè più potuto “togliersi, staccarsi, separarsi” dalla natura umana, poiché ciò avrebbe implicato il dover annichilire (cioè: rispedire nel nulla) l’anima umana di Cristo che, in quanto spirituale, come ogni altra anima umana ha la capacità di sussistere anche dopo la morte corporale. Dio ha scelto di rimanere unito alla natura umana per sempre, ed è unito ad essa che “siede alla destra del Padre”.

Questa realtà di fede ci apre ad altre conseguenze derivanti dall’Incarnazione (oltre a quella, già accennata, di essere “mezzo, strumento” per realizzare la Redenzione dell’uomo) che possiamo esaminare a partire dalle parole stesse di Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6).

Il Figlio di Dio si è incarnato anche per essere “Via” al Padre. Gesù è per noi “Via”, perché dobbiamo camminare con Lui, alla sua presenza: ossia, imitandolo, senza distaccarci dall’esempio di vita che ci ha dato; e poi dobbiamo rimanere in Lui, perché attraverso il Battesimo siamo “innestati” in Lui; e, se ci manteniamo in “stato di grazia”, senza il peccato mortale sulla coscienza, con San Paolo possiamo dire: “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me e la vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio” (Gal 2,20).

Il Figlio di Dio si è incarnato anche per essere “Verità” del Padre. Gesù ci manifesta la verità delle cose secondo Colui che le ha create, affinché da “buoni strumenti” le cose stesse non finiscano per renderci schiavi, per intrappolarci e impedirci di arrivare ad essere ciò che dobbiamo essere: immagine e somiglianza di Dio; o, in altre parole, come preghiamo nella Prima Preghiera Eucaristica della Riconciliazione, non siano di ostacolo ad arrivare “davanti a Te nella tua casa, santi tra i santi”.

Inoltre Gesù è verità del Padre perché Lui ce lo mostra alla maniera umana. “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9). Ognuno di noi, infatti, per capire la natura degli altri esseri viventi la mette in relazione con la natura umana e, attraverso le differenze e comparando le diverse capacità, giungiamo ad una conoscenza più chiara di questa natura. Così facciamo per capire la natura angelica e quella divina. Gesù ci mostra qualcosa della Natura Divina attraverso le capacità umane.

In questo modo, poi, Cristo ci mostra come l’essere umano può soddisfare la richiesta che Dio ci rivolge, attraverso il libro del Levitico e che San Pietro riprende: “siate santi, perché io sono santo” (1Pt 16). Ecco perché è importante accogliere l’invito di San Paolo, rivolto ai Filippesi: “abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5), per imitarlo, non solo nei gesti esteriori, ma anche negli atteggiamenti interiori, spirituali; dunque, un’imitazione completa della natura umana.

Ma l’Umanità di Gesù è anche nostra “Vita”, perché la sua vita terrena racchiude tutte le prove e le gioie che ogni essere umano può, in qualche modo, sperimentare nella sua esistenza. Nessuno può dire a Dio: “Tu non sai cosa sto passando”; ma, di più: Cristo ci ha ottenuto la “grazia” necessaria per santificare ogni aspetto della nostra vita, vivendolo Lui per primo. Il Battesimo, nel Giordano, lo ha ricevuto per noi; le tentazioni le ha subite e vinte per noi; la sua predicazione del Regno è rivolta a noi e sostiene la predicazione dei suoi missionari, di tutti i tempi; fino alla sua Passione e alla sua morte – che sostiene e ci fa superare le nostre “croci” – e alla sua Risurrezione, che è il modello di ciò che toccherà anche a noi, al termine della nostra vita.

Lo scopo della nostra vita, il suo traguardo è tutto lì: il Paradiso; siamo stati creati per questo e ringraziamo Dio che, grazie alla sua Incarnazione, lo ha reso per noi accessibile.

 

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