Pillole di SpiritualiTà
Coltiva l'intimità con lo Spirito Santo — il Grande Sconosciuto — perché è Lui che ti deve santificare. (San Josemaría Escrivá)
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di P. Enzo Vitale icms
Oggi la Chiesa cattolica celebra l’antichissima liturgia dell’imposizione delle ceneri, spartiacque tra le prime settimane del tempo Ordinario e il tempo forte della Quaresima. Un tempo, questo, contrassegnato da un colore, quello viola, che non avendo in sé i caratteri propri della vivacità, ci consegna un sentimento di mestizia, dolore e morte: non a caso è lo stesso colore liturgico dei funerali e richiama al concetto “antipatico” della mortificazione, del “dare morte”, alle proprie cattive inclinazioni, al peccato, alla tentazione.
La Quaresima è da molti vista come il tempo che prepara alla Pasqua anche se, ad essere precisi, è il tempo di preparazione alla Settimana Santa che, a sua volta, prepara alla Pasqua. Un cammino che serve a prepararsi a vivere l’esperienza esaltante e terribile della Passione e Morte di Cristo.
Incamminandomi su questo binario ideale, nel buttar giù queste note, mi è tornato alla mente un vecchio film, con più di cinquant’anni sul groppone e, addirittura, in bianco e nero. Roba d’altri tempi che ho condiviso, in queste settimane, con un esperto di cinema al quale era sconosciuto e che me ne ha fatto apprezzare aspetti da me non colti nonostante lo avessi visto più volte.
Si tratta della storia di un uomo, sacerdote e religioso, considerato il più famoso belga di tutti i tempi, missionario della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria: San Damiano de Veuster e il film, con un titolo che è tutto un programma, è Molokai, l’isola maledetta.
La domanda è: cosa c’entra un film su un missionario e l’inizio della Quaresima?... provo a spiegarlo!
San Damiano, il cui vero nome è Joseph de Veuster, è famoso perché, in giovane età, decise di trasferirsi su questa sperduta isola del Pacifico, appartenente all’arcipelago delle Hawaii, per portare il Vangelo ai reclusi che lì dimoravano. Cosa avevano di particolare gli abitanti di Molokai? Erano malati di lebbra che la società “civile”, per paura del contagio, teneva segregati per paura di quella che è considerata la malattia più antica del mondo, il morbo di Hansen.
Il film, chiaramente di altri tempi, con un linguaggio e una storia tutta particolare, ha però il pregio – e per questo è importante da un punto di vista cinematografico e spirituale – di trattare della “bellezza della sofferenza”. Un paradosso: un film che tratta della lebbra, famosa perché sfigura chi ne è affetto che viene preso a esempio per parlare di bellezza. Una bellezza certamente particolare ma che – tutti possono coglierne il nesso – richiama alla bellezza del Crocifisso, sfigurato e appeso al legno, per salvarci dai nostri peccati. I dialoghi, di altissimo livello spirituale, di questo giovane missionario con gli abitanti del luogo aiutano a far comprendere la bellezza profonda che può scaturire da una sofferenza comunque subita.
E tutto questo è possibile perché al dolore, vissuto sulla propria pelle, è dato un senso, una speranza che stravolge, in positivo, la disperazione che accomuna quei “rifiuti” umani.
Una delle novità, tra le tante, che ci sono state donate dal cristianesimo – meglio sarebbe dire dal Suo fondatore, Gesù Cristo – sta proprio nell’aver dato un senso a tutto, anche a quanto sembrava non poterne mai avere.
Dare un senso, un significato, alla sofferenza, è anche il motivo che ritorna alla mente nel primo giorno della Quaresima. Quelle ceneri imposte sul nostro capo sono il richiamo ad una realtà ultima dalla quale proveniamo e verso la quale ci stiamo incamminando: «…polvere sei e in polvere ritornerai» recita una delle formule di imposizione del sacramentale.
Eppure questa polvere (che noi siamo), fastidiosa, imbrattante e in pieno contrasto con la vita, ha meritato di essere redenta dal sangue di un Dio, sacrificatosi sulla croce.
Siamo chiamati a contemplare questa bellezza: e per fare ciò è necessario vivere il digiuno, la mortificazione, la preghiera… tutto quanto, insomma, ci permette di forgiare uno spirito fin troppo appesantito dalle offerte del mondo e che deve essere mitigato per permetterci di innalzarci verso Dio.
San Damiano, alla fine della sua vita, contrasse la malattia e ne morì. Pochi sanno, però, che nel momento della morte la lebbra scomparve e la sua pelle ridivenne candida e perfettamente sana. Un miracolo nel miracolo: quanto su questa vita subiamo e siamo capaci di abbracciare, in un modo che solo Dio sa, diventa il mezzo per ripulirci l’animo da ogni bruttura in modo da riconsegnarlo a Chi ce lo ha donato quando siamo venuti al mondo.
Buon cammino di Quaresima a tutti!
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