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Offrire con gioia la propria vita

Estratto del MARIA DI FATIMA - n°3, Aprile-Maggio 2020

MARIA DI FATIMA - n°3, Aprile-Maggio 2020

 

Tre piccoli esperti del patire

OFFRIRE CON GIOIA LA PROPRIA VITA

di padre Cesare Cuomo icms

 


Dio trova sempre, tra gli uomini di ogni epoca, qualche anima buona e generosa -come i fanciulli di Fatima- disposta a espiare le colpe degli altri, favorendo la conversione di tanti poveri peccatori, “paralizzati” e schiavi del male.

 


In un mondo in cui il significato dell’esistenza e della felicità sembrano consistere solo nel possedere, nel consumare e nel piacere, dove la sofferenza, di qualunque genere, appare come un male da evitare ad ogni costo, può risultare traumatico andare avanti, quando la vita ci mette davanti a difficoltà a volte impreviste, che non possiamo fuggire e che non siamo preparati ad affrontare.
La reazione umana di fronte al dolore è spesso fatta di paura, stizza, rabbia; a volte, purtroppo, anche di ribellione contro Dio, fino alla bestemmia, alla delusione, alla depressione, ignorando l’insegnamento del Vangelo e della Chiesa su questo tema.


"SENZA DI ME NON POTETE FARE NULLA"

La calamità, che in questo periodo sta causando tanta morte e tanta angoscia, cogliendo di sorpresa un po’ tutti e dovunque, offre lo spunto per riflettere sul senso della sofferenza.
Certamente, quel mondo che ripone tutte le sue speranze solo nelle realtà terrene, orgoglioso della scienza e che attribuisce le sue conquiste solo all’ingegno dell’uomo, come se questo non gli fosse stato donato da Dio; quel mondo che dà gloria a se stesso e si considera così grande e autosufficiente da poter fare a meno del suo Creatore, sta rimanendo quantomeno confuso. Un microbo -cioè un “qualcosa” di talmente piccolo, da non potersi nemmeno vedere a occhio nudo- sta mettendo in seria difficoltà l’intero pianeta. Si tratta di una grande umiliazione, che potrebbe però trasformarsi in benedizione, se solo l’uomo approfittasse di questa tragedia per riconoscere il suo limite e, alzando lo sguardo al cielo, chiedesse aiuto a Dio, consapevole che senza di Lui non può davvero fare nulla (cfr. Gv 15,6).
Non bisogna aver paura: non ci si deve vergognare di chiedere aiuto a Dio, che sempre sarà Padre buono e misericordioso verso tutti, anche verso chi non crede nella sua esistenza o giudica impossibile un suo intervento per modificare gli eventi della natura e della storia.

 

LA TUA VOLONTÀ SIA FATTA

In questo momento difficile, potremmo cadere nella tentazione di non rivolgerci a Dio per chiedere la fine di questo contagio, che sta devastando gran parte del mondo. La scarsa convinzione sull’efficacia della nostra preghiera e il timore dell’ironia, da parte di chi non crede, ci potrebbero bloccare. Questo rispetto umano, invece, non deve prevalere; dobbiamo credere che la nostra preghiera sarà sicuramente ascoltata. La grazia va sempre chiesta, con molta umiltà, a condizione che sia per il bene delle anime, sapendo eventualmente accettare, con cristiana rassegnazione, che Dio, nella sua infinita misericordia, voglia, attraverso questa tribolazione, purificarci dai nostri peccati, convertirci o renderci strumenti di conversione per gli altri.
Si deve pregare, quindi, anche per chiedere la grazia di accogliere la sofferenza in spirito di Riparazione, così come hanno fatto i Pastorelli.

 

CONSIDERANDO IL NOSTRO "VERO BENE" 

Per intender meglio quanto vogliamo dire, partiamo dall’ultima apparizione di Fatima, quella dell’ ottobre 1917. Alla richiesta di Lucia: “Avrei molte cose da chiederLe: se cura dei malati e se converte alcuni peccatori, ecc.” la Madonna rispose: “Alcuni, sì; altri, no. Devono emendarsi, chiedano perdono dei loro peccati”. Sembra quasi che la Madonna faccia distinzioni -come si suol dire- “tra figli e figliastri”. In realtà, Ella guarda al bene più importante, che è la salvezza dell’anima; la salute del corpo è funzionale a quella dell’anima e il Cielo la concede solo se favorisce quest’ultima, l’unica che davvero conta di più: “Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?”. (Lc 9-25). A che gioverebbe una guarigione o una qualsiasi grazia fisica o materiale, se si approfittasse di questa per iniziare o continuare a fare il male, rischiando di perdere la gioia del paradiso?
Se, invece, durante una tribolazione, facciamo il sincero proposito di emendarci, creiamo la condizione migliore per ricevere la grazia -anche fisica o materiale- di cui abbiamo bisogno: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33).
L’importanza di “chiedere bene” è messa in luce anche dall’esempio dei Santi. La loro intercessione è sempre stata molto feconda di grazie terrene, per tutti, anche per questo motivo.
In tempi particolarmente calamitosi di guerre, carestie e pestilenze, essi riuscivano a ottenere dal Cielo la fine di questi flagelli: è un po’ come quando, in una famiglia, un figlio buono chiede qualcosa a suo padre, con il quale ha un rapporto di maggiore amicizia e confidanza rispetto agli altri fratelli. Questi ottiene generalmente quanto chiede, più facilmente di un figlio cattivo o di un estraneo.

 

TUTTO OTTIENE LA FEDE SINCERA DEI "PICCOLI"

Anche i Pastorelli di Fatima riuscirono a strappare dal Cielo tante grazie, inclusa la guarigione di alcuni malati. Si ricorda che, un giorno, furono invitati da una ragazza ad entrare in casa sua, per pregare; era disperata per la salute di suo padre, che da più di tre anni non poteva riposare, a causa d’un singhiozzo continuo: “Impossibile resistere a una scena così. Dissi a Giacinta di restar lì lei, mentre io andavo a recitare il rosario con la gente: al ritorno, l’avrei chiamata. Lei accettò. Nel tornare, entrai anch’io in quella casa. Trovai Giacinta seduta su una sedia davanti a un uomo pure seduto, non molto vecchio, ma macilento e commosso fino al pianto. Vedendomi, Giacinta si alzò, salutò, promettendo di non dimenticarlo nelle sue preghiere, e tornammo dalla signora Emilia. Il giorno seguente uscimmo di buon mattino per andare a Olival e tornammo soltanto tre giorni dopo. Arrivati a casa della signora Emilia, ecco apparire la giovane felice, accompagnata dal papà, con l’aspetto molto migliorato, senza quella sembianza di nervosismo e di estrema debolezza. Venivano a ringraziare per il beneficio ricevuto, perché, dicevano, non aveva più avuto quel singhiozzo importuno”.

 

CERCARE IL BENE DEGLI ALTRI 

I Pastorelli chiedevano le grazie -mossi da cristiana compassione- per le altrui sofferenze. Per sé, però, non chiesero mai niente: pregavano per la saluta fisica degli altri, ma avendo, come obiettivo principale, la conversione e la salute spirituale del prossimo.
Eppure, avrebbero avuto tanto da chiedere, anche per loro. Giacinta e Francesco, infatti, furono colpiti da quella terribile epidemia chiamata “spagnola” che, giusto un secolo fa, tra il 1918 e il 1920, devastò il mondo, mietendo decine di milioni di vittime e conducendo alla morte anche loro. Di Giacinta lo scorso 20 febbraio abbiamo celebrato il centenario della morte; quello di Francesco ricorreva l’anno precedente, il 4 aprile del 2019.
A rendere ancor più dolorosa la situazione di Giacinta si aggiunse una pleurite purulenta, che le causò tremende sofferenze. Per salvarla, fu portata all’ospedale di Lisbona, dove fu sottoposta ad un intervento chirurgico particolarmente doloroso, perché effettuato senza anestesia.
I testimoni dicono che mai emise un lamento, pur non potendo nascondere di soffrire molto: “O mio Gesù, io Vi amo e voglio soffrire molto per amor Vostro”. Altre volte diceva: “O Gesù, adesso puoi convertire molti peccatori, perché questo sacrificio è molto grande!

 

LA LOGICA DEL MONDO E QUELLA DI DIO 

Il suo grande amore al Signore e alle anime portò Giacinta ad abbracciare con grande generosità sofferenze inaudite. Ribadì fino alla fine, come suo fratello Francesco, quel “sì lo vogliamo” che avevano pronunciato solo qualche anno prima, quando la Madonna aveva chiesto loro: “Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?”.
Si potrebbe rimanere perplessi al pensiero che Dio, se è buono, mandi sofferenze a qualcuno, soprattutto se innocente, come i tre bambini di Fatima. Per provare almeno a capirci qualcosa, dobbiamo pensare che l’origine di tutti i mali, di qualsiasi genere, risiede nei peccati dell’uomo, che rompono l’armonioso equilibrio di tutte le cose, stabilito dall’infinita sapienza e bontà di Dio. Se solo i diretti responsabili pagassero le inevitabili conseguenze del male commesso, resteremmo chiusi nella logica mondana di una giustizia puramente umana e “legale”, senza alcun buon frutto spirituale per nessuno. Se invece, Dio, tra tutta l’umanità, trova e sceglie qualche anima buona e generosa, disposta ad espiare le colpe degli altri, ecco che si produce un frutto di carità tanto eccelso, da riparare -addirittura “con gli interessi”- il male fatto, ottenendo maggiore santità e una gloria eterna in chi, offrendosi per il bene dei fratelli, merita la conversione di tante povere anime, “paralizzate” e schiave del male.
I Pastorelli, quindi, con la loro vita e con la loro morte, hanno illuminato il valore redentivo della sofferenza e della croce. Nella misura in cui cercheremo di seguire le loro disposizioni interiori, siamo certi che Dio si servirà anche della nostra preghiera e della nostra sofferenza, a cui attribuirà una straordinaria fecondità, sia per il bene terreno che per la beatitudine eterna, propria e del prossimo.

 

 

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A TUTTI I LETTORI – Carissimi amici, le persistenti difficoltà che stiamo vivendo, a causa del coronavirus, ci obbligano ad accorpare i numeri di Aprile e Maggio, ma non “abbandoneremo” certo i nostri lettori: pubblicheremo online, sul sito FCIM.IT, alcune anticipazioni del prossimo numero. Stay tuned! La Redazione MdF

 

 

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