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QUALCOSA DI GRANDE E CHE SIA AMORE

I frutti della fedeltà – II parte

Tratto dal sito  “Opus Dei”

II parte

Un cuore saldo e misericordioso

Quando permettiamo che la presenza di Dio metta radici e fruttifichi in noi – in qualche modo, la fedeltà è questo –, acquistiamo progressivamente una «fermezza interiore», grazie alla quale diventa possibile essere pazienti e sereni nelle contrarietà, negli imprevisti, nelle situazioni antipatiche, constatando i limiti personali e quelli degli altri. Diceva san Giovanni Maria Vianney che «le nostre mancanze sono granelli di sabbia accanto alla grande montagna della misericordia di Dio». Questa convinzione permette di reagire sempre più come Dio reagisce davanti alle persone e alle circostanze, con mansuetudine e misericordia, senza irritarci quando non corrispondono alle nostre aspettative e ai nostri gusti. Scopriamo, in sostanza, che tutte le vicende sono in qualche modo «veicoli della volontà divina e debbono essere accolte con rispetto e amore, con gioia e con pace». In questo modo, un po’ per volta, acquisiamo una maggiore facilità nel pregare, nel comprendere e nel perdonare, come fa il Signore, e recuperiamo subito la pace, se mai l’avessimo perduta.

Certe volte può sembrarci pusillanime questa disposizione a coltivare la mansuetudine e la misericordia nel nostro cuore, viste le miserie altrui che ci appaiono denunciabili e la malizia di alcuni che vogliono fare il male. Ricordiamo, tuttavia, che Gesù rimprovera i discepoli quando suggeriscono di inviare un castigo dal cielo sui samaritani che non lo ricevono (cfr. Lc 9, 55). «Il programma del cristiano — il programma del buon Samaritano, il programma di Gesù — è “un cuore che vede”. Questo cuore vede dove c'è bisogno di amore e agisce in modo conseguente». La nostra misericordia paziente, che non si irrita né si lamenta nel caso di contrarietà, diventa così un balsamo con il quale Dio guarisce i contriti di cuore, fascia le loro ferite (cfr. Sal 147, 3) e rende più facile da sopportare il percorso della conversione.

 

Una efficacia che non possiamo immaginare

Coltivare e far conoscere agli altri la propria immagine e il profilo personale è diventato oggi un requisito a volte indispensabile per essere presente e avere influenza nei diversi ambiti delle reti sociali e lavorative. Tuttavia, se perdiamo di vista che viviamo in Dio, che Egli «ci sta vicino continuamente», questo interesse può essere dovuto a una ossessione più o meno sottile di sentirsi accettati, riconosciuti, seguiti e persino ammirati. Si sente allora una continua necessità di verificare il valore e l’importanza di tutto quello che facciamo e diciamo.

Questa brama di essere riconosciuti e di toccare il nostro valore risponde in realtà, benché in un modo grossolano, a una verità profonda. Noi valiamo davvero molto; tanto, che Dio ha voluto dare la sua vita per ciascuno di noi. Eppure accade che con grande facilità ci mettiamo a esigere, sia pure con modalità sottili, l’amore e il riconoscimento che possiamo solo accogliere. Forse per questo il Signore volle dare nel sermone della montagna questa indicazione: «Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 6, 1). E ancora più esplicitamente: «non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra» (Mt 6, 3).

Questo rischio di esigere l’Amore anziché accoglierlo andrà perdendo forza in noi se ci comportiamo con la convinzione che Dio contempla la nostra vita con un affetto tutto particolare – perché l’affetto sta nei particolari –. «Se vuoi avere degli spettatori per le cose che fai, li hai già: gli angeli, gli arcangeli e finanche lo stesso Dio dell’universo». Si sente allora nell’anima l’autostima di chi sa di essere sempre in compagnia e così non ha bisogno di stimoli esterni particolari per confidare nell’efficacia della sua orazione e della sua vita; e questo tanto se si è noti a molti quanto se siamo sconosciuti all’immensa maggioranza. Ci basterà tenere presente lo sguardo di Dio e sentire dirette a ciascuno di noi le parole di Gesù: «e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6, 4).

Possiamo imparare molto, in questo senso, dagli anni della vita nascosta di Gesù a Nazaret. Lì ha trascorso la maggior parte della sua vita terrena. Sotto l’attento sguardo di suo Padre del Cielo, della Vergine Maria e di san Giuseppe, il Figlio di Dio stava già operando in silenzio, e con una efficacia infinita, per la Redenzione dell’umanità. Pochi lo vedevano, ma lì, nella sua modesta bottega di artigiano, in un piccolo villaggio della Galilea, Dio stava cambiando per sempre la storia degli uomini. E anche noi possiamo avere la stessa fecondità della vita di Gesù se lo lasciamo trasparire, se lo lasciamo amare nella nostra vita, con la stessa semplicità.

Da ogni tabernacolo in cui resta celato, dalla profondità dei nostri cuori, Dio continua a cambiare il mondo. Ecco perché la nostra vita di dedizione, in unione con Dio e con gli altri, acquista, grazie alla Comunione dei Santi, una efficacia che non possiamo immaginare né misurare. «Non sai se hai fatto progressi, né quanti... A che ti servirebbe questo calcolo? L’importante è che perseveri, che il tuo cuore arda di fuoco, che tu veda più luce e più ampio orizzonte...: che ti prodighi per le nostre intenzioni, che le intuisca – anche se non le conosci – e che per tutte preghi».

 

Dio è quello di sempre

San Paolo invitava i cristiani a essere fedeli, a non preoccuparsi di andare controcorrente e di lavorare con lo sguardo rivolto al Signore: «Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore» (1 Cor 15, 58). San Josemaría ripeteva in maniera diversa la stessa esortazione dell’apostolo: « Se siete fedeli, potete considerarvi vincitori. Nella vostra vita non conoscerete sconfitte. Non esistono insuccessi, se si opera con rettitudine di intenzione e volendo compiere la Volontà di Dio. Con o senza successo, abbiamo vinto, perché abbiamo fatto il lavoro per Amore».

In qualunque cammino vocazionale può succedere che, dopo un certo periodo di dedizione, sentiamo la sensazione dello scoraggiamento. Magari pensiamo di non essere stati molto generosi fino a quel momento, o che la nostra fedeltà dia poco frutto e che abbiamo pochi risultati apostolici. In questi casi è bene ricordare quello che Dio ci ha assicurato: «Non faticheranno invano, [...] perché prole di benedetti del Signore essi saranno» (Is 65, 23). San Josemaría lo diceva in questi termini: «L’essere santo comporta l’essere efficace, anche se il santo può non toccare o non vedere l’efficacia». Alcune volte Dio permette che i suoi fedeli nel loro lavoro vadano incontro a prove e difficoltà per rendere più bella la loro anima, più tenero il loro cuore. Quando, malgrado il nostro entusiasmo nel far cosa grata a Dio, ci scoraggiamo o ci stanchiamo, non smettiamo di lavorare con senso di mistero: tenendo presente che la nostra efficacia «molte volte è invisibile, inafferrabile, non può essere contabilizzata. Uno è ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. [...] Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui».

Il Signore ci chiede di lavorare abbandonandoci con fiducia nelle sue forze e non nelle nostre, nella sua visione delle cose e non nella nostra limitata percezione. «Quando ti abbandonerai sul serio nel Signore, imparerai a contentarti di ciò che avviene, e a non perdere la serenità se le faccende – malgrado tu abbia messo tutto l’impegno e i mezzi opportuni – non riescono secondo i tuoi gusti... Perché saranno “riuscite” come sarà parso conveniente al Signore». La consapevolezza che Dio può tutto e che Egli vede e valorizza tutto il bene che facciamo, per quanto piccolo e nascosto possa sembrare, ci aiuterà «a essere sicuri e ottimisti nei momenti di difficoltà che possono presentarsi nella storia del mondo o nella nostra esistenza personale. Dio è quello di sempre: onnipotente, sapientissimo, misericordioso; e in ogni momento sa trarre il bene dal male e sa trasformare le sconfitte in grandi vittorie per coloro che confidano in Lui».

Nelle mani di Dio, viviamo in mezzo al mondo come suoi figli, e pian piano diventiamo seminatori di pace e di gioia per tutti coloro che vivono accanto a noi. Questo è il lavoro paziente, artigianale, che Dio compie nei nostri cuori. Facciamo in modo che illumini tutti i nostri pensieri e ispiri tutte le nostre azioni. È ciò che ha fatto la Madonna, nostra Madre, felice di vedere le cose grandi che il Signore faceva nella sua vita. Sapessimo anche noi dire ogni giorno come Lei: Fiat!, «avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38).

 

 

 

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