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QUALE TEMPO PREZIOSO È MAI L’AVVENTO

Come, dunque, affrontare l’Avvento, questo tempo di attesa?

di padre Angelo Tognoni icms

L’anno liturgico della Chiesa è inaugurato dal Tempo di Avvento, un termine che significa venuta, attesa di un avvenimento. È un po’ quello che capita nella vita comune: i genitori attendono con trepidazione la nascita del loro figlio; i bimbi attendono il bene da papà e mamma e ben poco potrebbero senza di loro; lo studente attende di superare gli esami per intraprendere una carriera; i fidanzati attendono il giorno delle nozze per dar vita all’appassionante avventura della loro famiglia; l’atleta attende di gareggiare per mostrare il suo valore e conquistare la vittoria. Insomma, tutta la vita può essere vista come una continua attesa.

Ma, ciò che il mondo e le creature offrono, riesce a saziare la fame di gioia, di pace, di intimo benessere che caratterizza il cuore dell’uomo? Risponde S. Agostino, con la famosa espressione: “Ci hai fatti per te, o Signore e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.

Gli fa eco S. Teresa d’Avila: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi; tutto passa, Dio non cambia; la pazienza ottiene tutto; chi possiede Dio non manca di nulla. Solo Dio basta”. I Santi hanno compreso alla perfezione la verità centrale dell’uomo: è un essere personale, creato a immagine e somiglianza di Dio. Dunque, solo nell’accogliere e vivere questa verità l’uomo realizza pienamente se stesso.

Purtroppo, Adamo ed Eva, suggestionati dal demonio, hanno deturpato questa immagine con la disobbedienza al loro Creatore, condannandosi – e coinvolgendo nella loro caduta l’intero genere umano – a una condizione contrassegnata dal peccato, da cui scaturiscono tutti i mali che ci affliggono: menzogna, superbia, sete di possesso, odio, violenza, morte. Dove ritrovare, allora, quella originaria immagine e somiglianza con Dio? Come realizzarla, per non cedere alla disperazione e ritrovare invece gioiosa speranza?

C’è un’unica possibilità di soluzione: che Dio stesso si manifesti, ci prenda per mano, sia pronto a risollevarci dalle continue cadute e guarirci dalle più gravi e mortali malattie che affliggono l’anima e dissolvono pace e letizia interiore. Noi, con le nostre sole forze, non possiamo che combinare guai. Quanto è vero quell’ammonimento di Gesù: “Senza di me non potete fare nulla”, nulla che valga la pena di vivere e di ben morire fra le braccia di Dio. Mi pare che un rapido sguardo alla situazione personale, familiare, sociale e internazionale confermi appieno tale divino richiamo.

Dunque, l’Avvento ci riporta al fondamento del nostro vivere: l’attesa di quanto pienamente ci può soddisfare; un obbiettivo, una finalità da perseguire, nella certezza di giungere all’agognata e definitiva felicità. Chi non si attende nulla di più, dalla vita terrena, di ciò che possiede o di quanto possano offrire le creature e non mantiene una interiore tensione al meglio, al bello, al giusto, al buono, ha perso l’essenza della sua umanità – creata a immagine e somiglianza di Dio – ripiegandosi su se stesso, per ridursi al mero livello animale.

Ecco allora che il Tempo, cosiddetto forte, dell’Avvento – inizio dell’Anno liturgico, in analogia con l’inizio della vita umana – risponde con sorprendente benevolenza e amorevolezza alla nostra attesa di Colui che solo ci può condurre alla piena realizzazione di noi stessi, qui e per l’eternità; di Colui che incarna alla perfezione quell’immagine e somiglianza di Dio che ci costituisce.

Potevamo pretendere che Dio stesso venisse in mezzo a noi, si facesse bimbo, vero uomo nel grembo della Vergine Maria, mostrandoci chi siamo e a quale meta siamo destinati? Per niente! La nostra attuale condizione – conseguenza del peccato originale e dei continui peccati, che la nostra libera volontà commette – mai avrebbe potuto esigere qualcosa da Dio, che in tutt’altra situazione ci aveva creati.

Poiché, però, la SS. Trinità non sa trattenere l’incontenibile Suo amore ed è mossa dall’appassionato desidero di poter riabbracciare i suoi figli e poter godere con loro l’indicibile gioia del Paradiso, ecco che ci viene incontro, condivide il nostro stesso arduo cammino terreno – di esiliati e afflitti da non poche pene – per riportarci a casa… e che casa: la Sua!

Quale tempo prezioso è mai l’Avvento, allora: l’attesa del vero liberatore, dell’unico, perfetto benefattore al quale – forse il termine è un po’ forte, ma ben esprime il concetto – avvinghiarsi, per non più smarrirsi nelle tenebre e rischiare un devastante fallimento. Sì, perché Gesù, il Signore, non costringe, non obbliga, non trascina; ma, con la Sua affascinante testimonianza di amore (e il quadro delicato di Betlemme ne è solo l’inizio), si appella alla libera volontà di ciascuno; che cosa non ha fatto per testimoniarci la sua infinita bontà!

Però, è lasciata a ciascuno la decisione di accoglierlo o meno, di seguirlo o meno, con tutte le inevitabili conseguenze del proprio agire: come nessuno è costretto a stare con Gesù nella via dell’amore, così il Signore non costringerà nessuno, di quanti lo hanno respinto fino all’ultimo respiro, a entrare nel Suo paradiso. Dannazione e inferno dipendono esclusivamente dalla libera scelta dell’uomo e Dio la ratifica.

Come, dunque, affrontare l’Avvento, questo tempo di attesa? Come ci si prepara a ricevere una persona di decisiva importanza per la mia vita o quella più amata? Si adorna al meglio la casa, si indossano gli abiti migliori: tutto deve essere in ordine e accattivante.

Ecco, la medesima disposizione deve realizzarsi nella nostra anima, perché Gesù non cerca preziose suppellettili o mondani gingilli per sfamare e dissetare l’ardente desiderio di benessere del nostro cuore, ma lo vuole puro, ardente di amore, ricco di virtù, proprio come avvenne a Betlemme: si trattava di una ben poco degna cornice terrena – un diroccato rifugio per animali! – ma in realtà custodiva una paradisiaca presenza, infiammata di santità: la Vergine Madre, S. Giuseppe, i Pastori, i Magi…

Sul loro esempio, nella paziente attesa del nostro Salvatore – attraverso quotidiani momenti di raccoglimento nella preghiera (soprattutto la recita del S. Rosario, in compagnia di Maria Santissima), nella riscoperta dell’immenso dono del Sacramento della Confessione, nelle opere di carità verso il prossimo bisognoso – disponiamo mente e cuore ad accogliere Gesù: e allora sì, sarà la vera pace e gioia, che niente al mondo potrà strapparci. 

 

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