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S. FRANCESCO MARTO, nascosto con “Gesù nascosto”

La chiamata a “consolare” il Signore

di Alessandro Rigon

Carissimi, per parlarvi della relazione tra San Francesco Marto e Gesù, penso che prima sia necessario fare alcune premesse. Se io ti dico: “Dio ti ama”, tu mi rispondi: “Sì, lo so”, ma questo non cambia la tua vita. Saperlo “con la testa” molto spesso non basta a cambiare la nostra vita; essa cambia, invece, quando questa certezza scende al cuore, cioè quando facciamo esperienza di quell’amore, sentiamo che Dio ci ama e ne siamo convinti. Ciò cambia la nostra vita.

Questo è proprio quello che è accaduto nella vita del piccolo pastorello di Fatima. Francesco viveva già, prima delle apparizioni, una certa esperienza di fede, non era lontano da Dio e non si doveva “convertire” da peccatore incallito nel peccato. Francesco è un bambino “normale”, con una vita normale, che vive in una famiglia normale: e quando dico “normale” intendo in una famiglia con gli stessi pregi e difetti di molte famiglie cristiane di oggi (problemi di dialogo, problemi di coppia, problemi nel saper affrontare ciò che la vita presenta giorno dopo giorno). Nella “normalità”, la Vergine fa visita a Francesco, alla sorella Jacinta e alla cugina Lucia e li fa passare, da una fede semplicemente ricevuta al catechismo e insegnata in famiglia, a vivere la fede come respiro, come vita, come qualcosa che cambia la parte più profonda della loro esistenza. Una fede che tocca il cuore e non solo i ragionamenti.

Quando penso a Francesco, mi viene sempre in mente la parola “consolazione”. Cos’è la consolazione? Per parlarvi di questo, devo fare un piccolo giro e partire dal significato di riparazione, poiché l’una è unita all’altra, a mio avviso. Chi vive il carisma della riparazione, sente nel cuore le stesse cose che sente Gesù: cioè sente che il suo cuore comincia a battere all’unisono con quello di Gesù. Comincia ad avere gli stessi sentimenti di Cristo. Cos’è che sta più a cuore a Gesù? La nostra vita, ed è per questo che, chi vive il carisma della riparazione, vuole farsi vicino, proprio come Gesù, a tutte quelle persone che sono lontane, che si perdono, che non hanno più uno scopo per cui vivere; a tutte quelle persone immerse nel peccato e che sono prigioniere di esso.

Quindi, la riparazione crea legame dove c’è distanza. Gesù stesso dice: “Non sono venuto per i sani, ma per i malati, sono venuto per i peccatori e non per i giusti” (Mt 9,9-13). Vivere la riparazione significa farsi prossimo a tutte quelle anime che sono lontane da Dio. Riparare è dire: “Dovresti farlo tu, o viverlo tu, ma ora non sei in grado, e quindi lo faccio io per te, perché ti arrivi questo beneficio”.

Questo, penso sia un atto di amore gratuito immenso, se vissuto bene, perché ti permette di partecipare al mistero della Redenzione in modo totale. Ecco, Francesco esprime tutto quello che ho appena detto in una particolare forma di riparazione, che è la consolazione. A un certo punto, durante le apparizioni, si imprime nel cuore di questo bambino il dispiacere di vedere Gesù soffrire, di vederlo triste. Penso che per capire questa logica bisogna amare Dio veramente come una Persona e non come una cosa astratta. Quando tu vuoi bene a qualcuno, ti interessi se quel “qualcuno” è felice o triste; e, se è giù di morale, escogiti ogni possibile piano, affinché possa stare meglio. Il cuore di questo piccolo ragazzo è completamente preso da questa cosa. Allora, cosa decide di fare? Fa la cosa più bella che l’amore possa fare e cioè “dare tempo”. Non dice a Gesù: “Ti offro queste formule”. Ma gli dice: “Ti offro il mio tempo”.

Ecco perché penso che San Francesco Marto sia colui che ci insegna il valore dell’adorazione eucaristica, perché ci insegna a fare compagnia al Signore. Se leggiamo le Memorie di Suor Lucia, impariamo anche come vivere questo momento. Tante volte, noi andiamo davanti al Santissimo per chiedere qualcosa per noi, perché abbiamo bisogno di qualcosa. Questo bambino va davanti al Santissimo non per ottenere qualcosa per sé, ma perché è completamente interessato a Gesù, prega per far compagnia a Gesù, per consolarLo. Non va lì per ottenere una grazia: la sua grazia è passare del tempo con Colui che chiama “Gesù nascosto”. Quindi, la presenza eucaristica era l’occasione per consolare il Signore.

Sapete che cosa accade quando passi del tempo con una persona? Più passi il tempo con quella persona e più cresce l’intimità con questa persona. Il rapporto da formale diventa famigliare, perché si fortifica. Più passi il tempo con l’Eucarestia e più tu e Lui siete intimi e l’effetto “collaterale” è che quando c’è tanta intimità c’è tanto silenzio, perché quando due sono intimi tra loro si capiscono “al volo”. Questa intimità fa sì che, qualunque cosa tu faccia nella vita, la fai diversamente, perché sai che c’è “qualcuno” presente, non sei più solo.

Gesù si è donato nell’Eucarestia perché nessuno possa più dire di essere solo, di essere inutile. Tu sei amato in modo profondo da Gesù e sei chiamato a essere come Gesù. Se capisci questo, capisci che la tua vita non è inutile, perché puoi essere quel “faro” che porta la luce di Cristo nel cuore degli altri.

Questo era il rapporto tra Francesco Marto e Gesù.

 

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