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SAN BENEDETTO, il "Padre dell' Europa"

LE RADICI CRISTIANE DELL' EUROPA

di fr. Alberto Guerra icms

A metà del V secolo d.C. l’Impero Romano vive la sua crisi più grave: dopo mille anni anche la civiltà romana, in piena decadenza e corrotta da vizi e immoralità di ogni genere, è sul punto di crollare. È in questo contesto che vive ed opera il santo che festeggiamo quest’oggi: san Benedetto.

Benedetto nacque nel 480, a Norcia, da una famiglia benestante. Cresciuto, si recò a Roma per gli studi, ma sconvolto dalla vita dissoluta della città decise di “fuggire”, abbandonando il mondo per piacere soltanto a Dio. Visse in solitudine, facendo vita eremitica per tre anni, poi capì che Dio gli chiedeva altro…Arriverà a fondare diversi monasteri (soprattutto a Subiaco e a Montecassino) escriverà la Regola, nella quale egli combinò l'insistenza sulla buona disciplina con il rispetto per la personalità umana e le capacità individuali, nell'intenzione di fondare una scuola per il servizio del Signore. In questa scuola hanno un ruolo determinante la lettura meditata della parola di Dio e la lode liturgica, alternata con i ritmi del lavoro in un clima intenso di carità fraterna e di servizio reciproco.Quella Regola e quello stile di vita monastico avranno un grande successo, finendo per soppiantare altre Regole più antiche, almeno in Occidente. Tutto il continente europeo, dunque, vedrà sorgere dei centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e per i pellegrini.

Con la caduta dell’Impero, infatti, ci si era ritrovati nella difficile situazione di dover mantenere la propria fede cattolica e non perdere tutto ciò che c’era di buono nella cultura romana, di fronte alle invasioni dei popoli barbari, ancora pagani o convertitisi all’arianesimo. I monasteri benedettini furono decisivi nel conservare la cultura classica latina, portando alla vera fede quei popoli. Non solo, ma anche il modo di vivere dei monaci benedettini ebbe un notevole influsso sul modo di pensare dell’uomo europeo. La concezione della vita monastica era essenzialmente sociale e cooperativa, ideata come una disciplina della vita comune: differisce delle antiche regole per il suo carattere fortemente pratico, la sua regolamentazione dei dettagli della vita e del lavoro comune. La Regola vuole che “il monastero sia organizzato in modo che tutte le cose necessarie, come mulino ed acqua, orti e officine, debbano trovarsi nel recinto del monastero”. L’abbazia benedettina diventava un organismo economico che bastava a sé stesso, sul modello della “villa” di un grande proprietario romano. C’era, però, una differenza sostanziale: in monastero a svolgere il lavoro di operai erano gli stessi monaci (questo aveva il pregio di nobilitare il lavoro servile e di combattere il libero ozio).

Neanche la distruzione dell’abbazia di Montecassino, nell’anno 581 – tra l’altro profetizzata dallo stesso Benedetto poco prima della sua morte –fu in grado di frenare lo sviluppo dei monasteri benedettini: grazie all’azione del papa san Gregorio Magno essi poterono espandersi in tutto il continente, arrivando pure nelle isole. Mentre sulle rive del Mediterraneo, il monachesimo era visto (almeno inizialmente) più come una via di fuga dal mondo, nel Nord dell’Europa divenne propagatore di una nuova cultura e vero modello di vita cristiana per i popoli nuovi dell’Occidente.

Andò formandosi una civiltà cristiana che aveva per suo centro i monasteri e che penetrò nella Chiesa e nella vita popolare sotto l’influsso della religione e dell’educazione. Non si trattava di conquistatori barbari sottomessi alla religione e alla civiltà del popolo conquistato, come era stato per Franchi e Goti, bensì di una creazione nuova, prodotta dall’innesto delle tradizioni cristiane e latine sul ceppo barbarico del paese. Il nuovo movimento monastico poteva, dunque, vantare un forte ascendente su re e nobili e, allo stesso tempo, produrre una grande attrazione sul popolo rurale, il quale vedeva nel modello monastico un modo per riabilitare il proprio stile di vita, quello del contadino, in precedenza disprezzato e tenuto in poco conto.

Qui risiede la grande novità di san Benedetto rispetto al monachesimo orientale: quella di aver associato alla preghiera il lavoro, intellettuale e manuale. “Ora et labora” è la formula che riassume l’ideale benedettino. Dalla prima (ora) scaturisce la seconda (labora), affermando il primato della preghiera sulle opere. Opere che furono imponenti: molti terreni, lasciati in stato di abbandono dopo la fine dell’Impero, tornarono ad essere coltivati, mentre altri, in precedenza insalubri, furono bonificati. Tutto questo favorì la nascita, intorno ai monasteri, di borgate, di villaggi, di città.

Anche l’influsso intellettuale fu notevole: i monasteri posseggono la loro scuola, con il loro Scriptorium, un laboratorio di copiatura e di trascrizione di codici, nel quale il lavoro paziente degli amanuensi moltiplicava i libri, facilitandone la conoscenza e lo studio. Questi codici e testi, custoditi dai monaci nelle biblioteche, hanno contribuito a salvare il patrimonio culturale del mondo antico.

Per quanto riguarda la fede, la diffusione della regola di san Benedetto contribuì in modo determinante alla evangelizzazione dell’Europa: essa ebbe una notevole influenza sulla vita sociale e politica perché la civiltà europea che nasceva si formò ad immagine dei monasteri, vivendone lo spirito. Fu così che Benedetto divenne “il Padre dell’Europa”, come lo definì Pio XII. Lo stesso Pontefice affermerà nell’omelia Exultenthodie: “mentre per le province dilagavano le orde dei barbari, egli che fu detto l’ultimo dei Romani, conciliando la “romanità” e il Vangelo, trasse di qui un valido aiuto per unire i popoli d’Europa sotto il vessillo […] di Cristo e dare un felice assetto alla società cristiana. Infatti, dal Mare del Nord al Mediterraneo, dall’Oceano Atlantico al Baltico, si sparsero legioni di benedettini, che con la Croce, con i libri, con l’aratro ammansirono quelle genti rozze e incivili”.

Paolo VI, nel 1964, ha proclamato san Benedetto patrono d’Europa. Nonostante questo, e nonostante le continue affermazioni, da parte dei pontefici, sull’importanza di riscoprire queste radici cristiane, oggi l’Europa sembra averle perdute. La mentalità laicista prevalente tende a disconoscere queste radici: e così ci ritroviamo oggi di fronte ad una grave crisi del nostro mondo occidentale. Una civiltà decadente, piena di immoralità e di vizi… come quella di millecinquecento anni fa. Mettiamoci, dunque, sotto la protezione di questo grande santo, affinché ci insegni a non scendere a compromessi con la mentalità del nostro secolo ma a ricercare solo Dio, mettendo tutta la nostra vita al suo servizio: solo così potremo divenire, come san Benedetto, una luce che risplende nelle tenebre.

 

[Fonti: Il cristianesimo e la formazione della civiltà occidentale, Christopher Dawson; La Chiesa fra le tempeste, Roberto De Mattei]

 

 

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