Pillole di SpiritualiTà
Il vero spirito di fede porta una persona a staccare lo sguardo da se stessa, per volgerlo verso Dio. (Beato John Henry Newman)
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MARTIRE DELLA VERITÀ
di padre Leonardo Innocente icms
La ricorrenza della memoria liturgica del martirio di S. Giovanni Battista (29 agosto) riporta alla nostra mente gli eventi e i personaggi di un tempo passato (cfr. Mc 6,17-29), ma offre anche la possibilità di una riflessione pregna di attualità, per i risvolti che la connotano.
Tutti sappiamo che l’amore crea relazioni con qualcuno o qualcosa. A seconda della forza dell’amore sperimentato, quel qualcuno o qualcosa staranno prima o dopo altre persone o altre cose. L’intensità dell’amore forma, quindi, una scala di importanza tra le persone e le cose amate, persone e cose che – di conseguenza –saranno più o meno care.
L’amore, però, non può “stare da solo”: per essere autentico, deve essere accompagnato dalla verità. Questo significa che le persone e le cose che amiamo vanno guardate, conosciute, “inquadrate” nella verità, che mette nel giusto ordine le persone e le cose che amiamo. Diversamente corriamo il rischio di circondarci di relazioni non vere, non buone, che non fanno bene né a noi né a chi amiamo, e che non ci aiutano. Senza verità, l’amore scivola nel sentimentalismo, «diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario». (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 3).
Ad esempio: voler bene agli animali (pensiamo al gatto o al cane che teniamo in casa) è una cosa buona ed è lodevole prendersi cura di loro; tuttavia, sono animali e, come tali, non li possiamo amare come o più dei nostri famigliari o dei nostri amici; o – in generale – delle persone, che hanno – per loro stessa natura – un’importanza e una dignità maggiore di quella degli animali. La verità vuole che noi amiamo le persone maggiormente di quanto amiamo gli animali (cfr. Francesco, Udienza, 14 maggio 2016; Discorso, 12 maggio 2023).
Ancora: è sicuramente una cosa buona avere cura della propria immagine e godere della stima delle persone. Questo, tuttavia, non giustifica il vantarsi di qualità non possedute davvero, offrire un’immagine di sé non aderente alla realtà, al fine di accattivarsi l’attenzione degli altri. Un sano amore di sé va vissuto, invece, nella franchezza, mostrandosi «veri nei propri atti e nell’affermare il vero nelle proprie parole, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall’ipocrisia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2468). Ovviamente, «la veracità rispetta il giusto equilibrio tra ciò che deve essere manifestato e il segreto che deve essere conservato: implica l’onestà e la discrezione» (Ibid, 2469).
È cosa buona, infine, che un ragazzo e una ragazza che si amano si impegnino seriamente in un cammino di fidanzamento e si manifestino reciprocamente segni di attenzione e di affetto, ma sarebbe sbagliato se questo li portasse a vivere rapporti intimi o a convivere prima del matrimonio, ritenendo ciò una “speciale manifestazione di amore” o una “prova di vita coniugale”. E sarebbe sbagliato perché tali atti risulterebbero falsati, senza verità: non si vuole dire che i due non si amino, ma un rapporto intimo è celebrazione di una realtà, ovvero del fatto che i due si sono donati l’uno all’altra irrevocabilmente, per tutta la vita davanti a Dio e alla società. Questo non c’è ancora in un rapporto di fidanzamento, ma è parte del matrimonio, che ha in sé il carattere dell’indissolubilità. Al contrario, del fidanzamento è proprio il carattere della provvisorietà, perché un cammino verso il matrimonio non è già matrimonio e come tale può finire. La convivenza tra un uomo e una donna che si amano è parte della condivisione che scaturisce dal matrimonio, che porta a una intimità di vita. Questo tipo di condivisione non è ancora compresa nel fidanzamento. «La castità – invece – insegna ai nubendi i tempi e i modi dell’amore vero, delicato e generoso, e prepara all’autentico dono di sé da vivere poi per tutta la vita nel matrimonio» (Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale, 57).
Non ogni manifestazione di amore, dunque, seppur bella e attraente, è espressione coerente della realtà che si sta vivendo.
In questo senso, è importante riflettere su quale sia la scala delle persone e delle cose che amiamo, poiché è proprio questo uno dei punti che il martirio di S. Giovanni Battista ci mette davanti. Che cosa amiamo di più? Abbiamo più a cuore Dio – Egli che è la Verità –, la sua volontà, la sua giustizia; oppure lo sguardo e la considerazione che gli altri possono avere su di noi, ciò che ci è più comodo, ciò che è conforme alle nostre “libere emozioni”, alle “nostre verità”?
Il re Erode, che pur stimava il Battista, diede ugualmente corso alla cattiva richiesta della figlia di Erodiade «a motivo del giuramento e dei commensali» (Mc 6,26). Erode amava talmente se stesso, da ritenere sacrificabile – seppur a malincuore – la vita di Giovanni, che era innocente e che stava in carcere solo perché “dava fastidio”, specialmente alla stessa Erodiade, che lo odiava.
San Giovanni Battista, invece, non era mosso dall’odio, ma voleva portare al bene e per questo ha detto a Erode la verità: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello» (Mc 6,18).
Tante volte, nel nostro caso, forse non saranno le parole a urtare o a infastidire, ma un atteggiamento che non si adegua a ciò che è sbagliato, a ciò che non è conforme alla fede e alla morale. Non vuole essere certo l’atteggiamento di bastian contrari, di ribelli o di chi vede il male e il peccato dappertutto… ma di chi cerca il bene e vuole attrarvi anche gli altri, pure a costo di qualche sguardo strano o di qualche “sorriso compassionevole”. Se viviamo secondo Dio, siamo scomodi, ma sappiamo anche che gli altri – compresi coloro ai quali risultiamo scomodi – possono contare su di noi, sulla nostra buona testimonianza, sul fatto che li amiamo davvero e siamo veritieri.
Certamente, anche in questo campo è importante l’equilibrio, agendo con prudenza, senza essere invadenti o impositivi, ma piuttosto attraendo gli altri con un modo amichevole, che possa aprire la possibilità – nel tempo – a una parola adatta e più profonda, che manifesti la bellezza della verità e del bene.
«Celebrare il martirio di san Giovanni Battista – dunque – ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi.
La vita cristiana esige, per così dire, il “martirio” della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio, cioè, di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni.» (Francesco, Udienza, 29 agosto 2012).
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