Pillole di SpiritualiTà
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di Giovanni Sinacori
Il primo maggio si celebra e si festeggia San Giuseppe lavoratore nella sua condizione di Operaio, di Carpentiere, di Patrono dei lavoratori.
La festa che fu istituita da Papa Pio XII nel 1955, ci racconta ancora una volta della grandezza del Patriarca.
Sua Santità Pio XII ha pensato alla figura di San Giuseppe, carpentiere di falegnameria, a cui Dio aveva affidato il compito di sostenere l’Unigenito Figlio fatto Uomo e la propria Madre Maria Santissima, perché il mondo in Lui trovasse, in quel tragico periodo post-bellico e di profonde riforme politico-sociali, aiuto, conforto e consiglio nell’accogliere quei cambiamenti che hanno di fatto stravolto la vita di tanti popoli e del mondo del lavoro.
Papa Benedetto XVI indica a tutti i lavoratori lo stile del loro patrono, San Giuseppe, la cui “grandezza risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento” come del resto ha fatto Gesù, il Figlio di Dio, che si è dedicato “per molti anni ad attività manuali, tanto da essere conosciuto come il figlio del carpentiere”.
San Giuseppe è il prototipo del lavoratore onesto, che si impegna con altruismo ed immensa dedizione per fare sì che la propria parte sia svolta bene, sia gradita agli occhi di Dio l’opera delle mani dell’uomo impegnato a migliore la vita degli altri, a rendere un servizio.
Il lavoro, per San Giuseppe così come per tutti gli uomini che lo esercitano nel nome del Signore, è fonte di finanziamento per soddisfare i bisogni naturali di una famiglia, per indicare ai propri figli la strada da seguire per una condotta gradita a Dio. San Giuseppe, che aveva un compito impossibile per ogni essere umano, educare il Figlio di Dio fatto uomo, non ebbe alcun dubbio ad indicare al proprio figlio Gesù, la strada giusta e laboriosa che, oltre a fornire il necessario sostentamento, gratifica l’essere umano e dispensa tanta dignità.
Il lavoro oggi è, purtroppo, fonte di grande preoccupazione, dovrebbe essere svolto con gioia e serenità ed invece spesso è vissuto soltanto come un dovere dal quale non si vede l’ora di scappare. Dovrebbe essere un posto sicuro dove sviluppare la propria opera per il raggiungimento di un risultato utile alle persone ed invece è il posto in cui, ahimè, si registra un numero intollerabile di incidenti gravi e, spesso, purtroppo mortali tanto da far diventare lo stesso lavoro oggetto di contesa e terreno di scontro politico-ideologico. Il lavoro non dovrebbe essere fonte di tristezza e di pianto per la divisione delle famiglie, intere zone geografiche del meridione stanno subendo il secondo fenomeno migratorio della storia contemporanea: il primo riguardò la migrazione degli operai, delle braccia, adesso tocca anche ai cervelli, cioè ai ragazzi che dopo la laurea rimangono nelle città dove hanno studiato o raggiungono le città del nord Italia/ Europa, alla ricerca di una vita che dia loro soddisfazione ed agi che i paesi natii non sono in grado di assicurare.
Forse è arrivato, se non è già passato, il punto in cui bisognerebbe chiedersi, con un grande esame interiore, se ciò che stiamo facendo nel lavoro sia effettivamente ciò che Dio desidera da noi.
Sarebbe opportuno interrogarsi, seriamente, circa la giustezza del valore del profitto piuttosto che della salvaguardia della vita umana, circa la tolleranza dello sfruttamento dell’uomo per il primato della produzione, della complicità morale di consentire un lavoro minorile senza alcuna regola, delle conseguenze del lavoro precario che determina disagio e inquietudine, impedendo spesso qualsiasi progetto per il futuro, come il matrimonio e la formazione di una famiglia, circa la capacità di riuscire a valorizzare la dimensione umana del lavoro in spirito di giustizia e solidarietà.
San Giuseppe ha testimoniato con la propria vita di aver sempre svolto un lavoro interiore profondo, tante volte avrebbe potuto agire diversamente da come ha fatto al cospetto di eventi che non potevano essere affrontati senza una predisposizione ad ascoltare ed accogliere i suggerimenti divini.
Il Patriarca, padre putativo di Gesù, con la sua opera di braccia e di cuore, ci dice ancora oggi, che il lavoro deve essere il mezzo per realizzarsi quali figli di Dio, per essere autosufficienti per il sostentamento, per avere quella dignità che Dio ha messo nel lavoro creando la terra e tutto quello che essa contiene.
È necessario ed attuale chiedere l’aiuto ed il conforto di San Giuseppe perché si torni a pensare al lavoro quale occasione di sviluppo e realizzazione di un progetto divino che non può prevedere, contemporaneamente, azioni delittuose nei confronti delle persone che lo devono svolgere. Pochi ed indispensabili parametri sono in grado di rendere il lavoro giusto ed umano, è necessario trovare la forza per rinunciare al superfluo, per rispettare il fratello, per camminare nella strada che Dio ha tracciato, e che San Giuseppe lavoratore ha percorso.
Dovrebbe, ad esempio essere “preteso” il riposo domenicale dei lavoratori, Papa Benedetto XVI, in occasione della Messa per i lavoratori celebrata il 19 marzo 2006, ricorda l’importanza del riposo domenicale: “esigere … che la domenica non venga omologata a tutti gli altri giorni della settimana è una scelta di civiltà”. Sempre in quella occasione Papa Benedetto XVI, affida a San Giuseppe, i giovani che si affacciano nel mondo del lavoro dicendo loro che “non conta soltanto diventare più competitivi e produttivi, occorre essere testimoni della carità senza perdersi d’animo dinanzi alle difficoltà. Vorrei affidare a lui i giovani che a fatica riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro, i disoccupati e coloro che soffrono i disagi dovuti alla diffusa crisi occupazionale. Insieme con Maria, sua Sposa, vegli san Giuseppe su tutti i lavoratori ed ottenga per le famiglie e l'intera umanità serenità e pace. Guardando a questo grande Santo apprendano i cristiani a testimoniare in ogni ambito lavorativo l'amore di Cristo, sorgente di solidarietà vera e di stabile pace”.
A Lui che tanto ha dato all’umanità intera, il compito di intercedere con il Padre, per illuminare le menti che hanno nelle proprie mani il destino dei lavoratori, mi piace concludere ancora con le Parole di Papa Benedetto che trovo sempre attuali, “Dall'esempio di San Giuseppe viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato”. (Angelus del 19 marzo 2006)
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