Pillole di SpiritualiTà
Recitate il rosario tutti i giorni per ottenere la pace. (dalle Memorie di suor Lucia)
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di Enrico Sigismondi
Personalmente credo che sia praticamente certo: alla domanda su cosa voglia dire pregare nove persone su dieci risponderebbero: “Recitare le preghiere”, riferendosi con questa espressione alle formule predefinite che, all’interno della nostra fede, abbondano in forme più o meno lunghe e più o meno articolate. Tutti noi conosciamo, in un modo o in un altro, questa forma di preghiera. Dico “questa forma” perché non è l’unica. Anche per la preghiera, come ogni attività svolta dall’uomo, vale il monito di Gesù: “Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l'amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle” (Lc 11, 42). La disputa in questione era sulla presunzione dei farisei di essere i puri, i santi di Israele perché dei precetti di Mosè erano rispettosi alla lettera, come per tutto ciò che riguardava le mere beghe burocratiche, ma erano poi vuoti dello spirito per il quale tutta la Legge era stata data: la giustizia e l’amore di Dio.
Se volessimo potremmo leggere il monito di Gesù in questo modo: “Guai a voi, figli di Dio, che ottemperate ai precetti festivi e recitate le preghiere del mattino, della sera e ad ogni pasto della giornata, e lasciate da parte la giustizia e l'amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle.” Che dite? Suona o non suona? Io penso proprio di sì. E devo confessare che, per un certo periodo della mia vita, forse sono stato più simile ai farisei di quanto credessi. Ed è qui che entra in gioco il nostro amato San Giuseppe, patrono della Chiesa Universale. Perché san Giuseppe era e seppe diventare sempre di più un vero esempio di vera preghiera. Vero israelita, era sì uomo di fede mosaica autentica e granitica, priva di finzione e colma di morigeratezza ed equilibrio ma, lungi dal rendere la sua integrità fonte di durezza, faceva della Legge il mezzo col quale rendere gloria a Dio e non a sé stesso. Insomma un vero giusto. E come tale fu scelto dall’Eterno quale padre putativo del Cristo Salvatore.
Se partiamo da queste considerazioni così semplici non ci risulterà difficile capire come anche la preghiera fosse per lui un ambito non artificioso, non forzato e appariscente, bensì naturale. Alla forma di preghiera comandata si aggiungeva quello spirito di umiltà che rendeva la preghiera ciò che Dio ama, desidera e chiede: l’innalzamento dell’anima verso le vertiginose altezze dell’amore di Dio. Così mi ritrovo ad immaginare il momento in cui la gravidanza di Maria, sua promessa sposa, lo sorprese nel profondo intimo del cuore e dell’anima. Cosa pensate che abbia fatto san Giuseppe? Ha pregato. Ha innalzato l’anima all’Onnipotente come poteva e con ogni forza spirituale in suo possesso. Mi perdonerete se il paragone vi potrà risultare audace e fuori luogo, ma san Giuseppe visse la sua piccola personale passione come la vivrà poi Gesù nell’ora della tentazione più intensa: pregando ovvero tendendo e volendo mantenere in una tensione di unione interiore la propria anima a Dio. Questa fu preghiera nel dolore, nell’angoscia, nel dubbio e nella tentazione, ma fu preghiera ed anche potente. Silente, nascosta, segreta e di una intensità totale. La stessa che lo accompagnò nella sublime gioia, pace e mistica adorazione dei momenti più belli della sua vita di sposo e padre a tutti gli effetti di quel Dio Incarnato che ora non era più una presenza invisibile e potente ma una presenza reale ammantata di tenerezza.
In san Giuseppe troviamo il primo grande, vero cristiano dalla preghiera sempre più perfetta plasmata dalla presenza della Vergine Maria e di Gesù. San Giuseppe: il primo – dopo la sua Santissima Sposa – vero adoratore del Santissimo. Chiediamo anche a lui la grazia di comprendere il vero significato del pregare sempre secondo il cuore di Dio, rimanendo fedeli ai nostri impegni quotidiani di orazione ma anche comprendendo che la preghiera non termina mai se in ogni opera compiuta cerchiamo “la giustizia e l’amore di Dio”, “con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze” (Deut. 6,5): il comandamento più grande di tutti.
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