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SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ

“Quanto più siamo immersi nel mondo, tanto più dobbiamo essere di Dio”

di Sr. M. Agostina Convertini icms

Barbastro (Spagna), 9 gennaio 1902: ecco il luogo e il giorno in cui venne alla luce un uomo sempre allegro e di grande umorismo, di profonda ed autentica fede; un uomo che come tutti noi ha dovuto lottare nella vita ma che è divenuto un “eroe della fede”, perché come tutti i santi, lottava e vinceva, lottava e perdeva ma, in tal caso, contrito, tornava alla lotta.

Questo è stato San Josemaría Escrivá de Balaguer (1902-1975).

Nato da una famiglia agiata e di fede, che ha però dovuto affrontare la sofferenza per la perdita di tre figlie in tenera età e grandi problemi economici a seguito del tracollo della ditta del padre; dall’esempio dei genitori troverà la forza per cercare sempre la volontà di Dio, anche nei momenti più dolorosi, provando a “vedere con gli occhi di Dio” anche quegli eventi a prima vista insignificanti.

Nella lotta della vita, il piccolo Josemaría cresceva e la sua fede si fortificava; poi, un episodio particolare lo colpì all’età di 15 anni. Un mattino d’inverno, scorse sulla neve delle impronte di piedi nudi: era padre José Miguel, del vicino convento dei carmelitani scalzi. Da allora, si sentì personalmente chiamato a essere altrettanto generoso con Dio; comprese che la sua vita doveva avere un senso e questo poteva essere solo il Cristo. Dunque, per essere più disponibile a seguire la voce del Signore deciderà di entrare in seminario per diventare sacerdote.

Molti anni dopo, a quarantotto anni dalla sua ordinazione sacerdotale (avvenuta il 28 marzo 1925 nella chiesa del Seminario di San Carlo di Saragozza), spiegherà così la sua scelta ai suoi figli: «Perché mi son fatto sacerdote? Perché pensai che in questo modo sarebbe stato più facile compiere una volontà di Dio che non conoscevo. Da circa otto anni prima dell’ordinazione la presentivo, ma non sapevo che cosa fosse, e non lo seppi fino al 1928. Per questo mi feci sacerdote».

Fu il 2 ottobre 1928, infatti, il giorno in cui il Signore gli diede finalmente la gioia di “vedere” la tanto sospirata volontà di Dio.

Vide persone di ogni nazione, razza, età e cultura, che cercavano e trovavano Dio nelle loro occupazioni quotidiane, per amare Cristo e vivere la Sua vita, fino a lasciarsi completamente trasformare e diventare santi, santi nel mondo; uomini che santificavano il lavoro, si santificavano in esso e santificavano gli altri con esso.

Iniziò quindi a radunare giovani studenti universitari, professionisti, trasmettendo loro lo spirito dell’Opus Dei, un’istituzione che nasceva per diffondere il messaggio che il lavoro e le circostanze ordinarie sono occasione di incontro con Dio e di servizio agli altri, per migliorare la società.

È un’ispirazione dettagliata, precisa, quella di don Josemaría; così egli stesso ne parlerà: «Fin dal 1928 ho compreso con chiarezza che Dio desidera che i cristiani prendano esempio dalla vita del Signore tutta intera. Da allora ho capito appieno la sua vita nascosta, la sua vita di umile lavoro in mezzo agli uomini: il Signore vuole che molte anime trovino la loro via in quei suoi anni di vita silenziosa e senza splendore […]. Sento il bisogno di gridare loro questa divina verità: voi restate in mezzo al mondo non perché il Signore non vi abbia chiamati. Vi ha invitati a permanere in mezzo alle attività e agli impegni terreni facendovi capire che la vostra vocazione umana, il vostro lavoro, le vostre doti, lungi dall’essere estranee ai disegni divini, sono le cose che egli ha santificato vivendole come offerta graditissima al Padre» (E’ Gesù che passa, 20).

E ancora, in una sua lettera: «Siamo venuti a dire, con l’umiltà di chi sa di essere peccatore e poca cosa ma con la fede di chi si lascia guidare dalla mano di Dio, che la santità non è una cosa riservata a privilegiati: che il Signore ci chiama tutti, che da tutti si aspetta Amore. Da tutti, ovunque si trovino; da tutti, qualunque sia il loro stato, la loro professione o il loro mestiere. Perché questa vita normale, ordinaria, senza spettacolo, può essere mezzo di santità» (Lettera 24-III-1930, n. 2).

La crescita dell’Opera appare promettente, ma subisce una battuta d’arresto con lo scoppio della guerra civile in Spagna (1936); a Madrid, la persecuzione per i cristiani è tale che i sacerdoti, se riconosciuti, vengono uccisi per strada. Don Josemaría, pertanto, dopo mesi di vita e di predicazione clandestina, è costretto a tentare la fuga. La guerra civile terminerà nell’aprile 1939; ma quasi contemporaneamente il mondo intero piomberà in un altro conflitto, dunque, l’espansione all’estero dell’Opera sarà rimandata; essa, però, si consolida in Spagna, nonostante le forti opposizioni di coloro che consideravano don Josemaría un pazzo, un eretico, un visionario, poiché predicava una “santità per tutti”, nella vita di ogni giorno.

Passano gli anni, e l’Opus Dei cresce. Il 23 giugno 1946 don Josemaría si trasferisce a Roma, da qui avrà la possibilità di consolidare la crescita dell’Opera, che nel 1947 otterrà l’approvazione pontificia, e ne guiderà l’espansione in tutto il mondo. Ma gli ostacoli da superare saranno ancora molti e passeranno anni prima di giungere alla definizione di una veste giuridica che l’accolga come istituzione della Chiesa che aiuta i comuni cristiani a cercare la santità nella realtà più ordinaria. Vi si arriverà solo dopo la morte di Josemarìa Escrivà, il 28 novembre 1982, con l’erezione dell’Opus Dei in prelatura personale.

Ai suoi figli aveva lasciato questo messaggio: "Sapete perché l’Opera si è sviluppata tanto? Perché l’hanno trattata come un sacco di frumento: le hanno dato colpi, l’hanno maltrattata, ma il seme è così piccolo che non si è rotto; anzi, si è sparso ai quattro venti, è caduto in tutti i crocevia umani, dovunque ci fossero cuori affamati di Verità”. Infatti, «dovunque può vivere una persona onesta» - diceva Escrivà - «lì troveremo aria da respirare. Lì dobbiamo stare con la nostra gioia, con la nostra pace, col nostro desiderio di portare anime a Cristo».

È questa la strada perché il Regno di Dio in mezzo a noi sia una realtà!

«Escrivá de Balaguer, con il Vangelo, ha detto continuamente: Cristo non vuole da noi solo un po' di bontà, ma tanta bontà. Vuole però che la raggiungiamo non attraverso azioni straordinarie, bensì con azioni comuni: è il modo di eseguire le azioni, che dev'essere non comune. Là, nel bel mezzo della strada, in ufficio, in fabbrica, ci si fa santi, a patto che si svolga il proprio dovere con competenza, per amor di Dio e lietamente in modo che il lavoro quotidiano diventi non il “tragico quotidiano”, ma quasi il “sorriso quotidiano” (Giovanni Paolo I, articolo, in Il Gazzettino, Venezia, 25-VII-1978).

Perciò, «Che la tua vita non sia una vita sterile. Sii utile. Lascia traccia. Illumina con la fiamma della tua fede e del tuo amore. Cancella, con la tua vita d’apostolo, l’impronta viscida e sudicia che i seminatori impuri dell’odio hanno lasciato. E incendia tutti i cammini della terra con il fuoco di Cristo che porti nel cuore» (Cammino, 1).

 

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