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Santa Gianna Beretta Molla

Umiltà e gratitudine: due tratti fondamentali del suo matrimonio

di Mariastella Vanella

Di certo non sembra sia stata un’esistenza eccezionale, d’altra parte, quante donne hanno in comune queste attività? Eppure, lei eccezionale lo è stata: San Giovanni Paolo II decise di proclamarla santa il 16 maggio 2004. Ho conosciuto questa santa dopo la mia consacrazione al Cuore Immacolato di Maria quando ho letto il suo nome tra i protettori della FCIM.

Gianna nacque a Magenta (Milano) nel 1922, decima di tredici figli. A 27 anni si laurea in medicina, apre uno studio medico e poi si specializza in pediatria. Continua però a curare tutti, specialmente chi è vecchio e solo. «Chi tocca il corpo di un paziente – diceva – tocca il corpo di Cristo». Per alcuni anni pensa di dedicare la sua vita come missionaria laica ed aiutare il fratello missionario cappuccino in una delle zone più povere del Brasile, ma la sua costituzione fisica non glielo consente. Gianna si rasserena e continua ad interrogarsi, nella preghiera, sulla sua vocazione.

Nel 1955 sposa l’ingegnere Pietro Molla, scegliendo così la vocazione al matrimonio: l’abbraccia con tutto l’entusiasmo e s’impegna a donarsi totalmente «per formare una famiglia veramente cristiana». Diventa ben presto mamma di Pierluigi, Mariolina e Laura. Con semplicità ed equilibrio, assolve con dedizione esemplare al suo impegno di madre, di moglie, di medico facendo sempre trapelare, in ogni sua attività, una gran gioia di vivere. Alla quarta gravidanza (1962), verso la fine del secondo mese, le viene diagnosticato un fibroma all’utero. Prima dell’intervento operatorio di asportazione del fibroma, pur conoscendo i rischi e i danni che sarebbero potuti insorgere, chiese al chirurgo di salvare la vita del bimbo che portava in grembo, anche a scapito della sua: «Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete - e lo esigo - il bimbo. Salvate lui».

Il mattino del 21 aprile 1962, dette alla luce Gianna Emanuela e il mattino del 28 aprile, nonostante tutti gli sforzi per salvare entrambe le vite, tra indicibili dolori e dopo aver ripetuto la preghiera “Gesù ti amo, Gesù ti amo”, Gianna morì. Aveva 39 anni.

Santa Gianna ha raggiunto la gloria degli altari non solo perché ha donato la sua vita fino al sacrificio estremo, ma perché la sua esistenza è stata un fiat continuo alla volontà di Dio. Il messaggio di Gianna è il messaggio di una madre di famiglia. È un messaggio semplice di gioia e di amore per il Signore e per il prossimo, per la vita e per tutte le cose belle della vita, per la professione e per la famiglia, sino al dono totale di sé. È il messaggio di una donna testimone esemplare del Vangelo come figlia, come giovane donna, come fidanzata e poi sposa, madre e medico. È stata definita la santa del matrimonio e della quotidianità. Sono molto importanti, per conoscere la fede di questa donna, le lettere che ha scritto sia durante il fidanzamento, che nei pochi anni di matrimonio. Leggendone alcune, traspare il suo desiderio di compiere la volontà di Dio nel matrimonio. Avendo consapevolezza delle sue imperfezioni, chiede aiuto e correzione al suo amato Pietro compagno di vita al quale dimostra grande riconoscenza per il supporto a migliorarsi. Umiltà e gratitudine: due tratti fondamentali del matrimonio di Gianna che la accompagnano nel cammino verso Cristo; una figura tanto semplice e normale, quella di Gianna, quanto eccezionale che la rende vicina a tanta gente. Non ha compiuto opere straordinarie e particolari nella sua vita ecco perché è stata definita la Santa dell’ordinarietà. Questa donna esemplare ha vissuto fino in fondo la sua vocazione di sposa, madre e medico assumendo ogni compito con grande senso di responsabilità e con fede profonda, pregava e chiedeva preghiere per la sua vocazione, perché diceva: «dalla nostra vocazione dipende la nostra felicità terrena ed eterna».

Gianna aveva fatto esperienza di una grande verità, e cioè, che la gioia viene da Gesù, solo Lui può darcela. Mi sono avvicinata alla conoscenza di S. Gianna con un certo pudore e timore, in punta di piedi, come sulla soglia di un tunnel con, alla fine, un bagliore immenso. Una santità vissuta tra le pareti domestiche, nell’ambito lavorativo, in famiglia. Forse è perché siamo abituati ai santi delle grandi imprese, dei segni visibili sul corpo, delle esperienze mistiche eclatanti, che la vita di questa donna colpisce nell’intimo, segna l’animo. In questo nostro tempo che necessita più che mai di testimoni reali, di gente credibile, esempi imitabili, una santità, insomma a portata di mano e di occhi, la figura di Gianna spicca per la sua modestia; i suoi, sono occhi nei quali riconoscersi, occhi sempre rivolti al Cielo, occhi carichi di Eternità! Accosto il suo volto a quello di Maria, Madre della tenerezza, un volto che ha i lineamenti dell’Amore ricevuto e donato, della gioia e della speranza, della carità e della donazione. Santa Gianna è stata testimone con la sua vita, con le sue opere e, nel momento del dolore, ha scelto la strada del sacrificio: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 24-26).

 

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