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SANT’AGNESE

Il martirio che consacra la gloria della castità

di Mario Iannilli

Il 21 gennaio il Calendario liturgico romano commemora Sant’Agnese, vergine e martire. Da notizie storiche sappiamo che Agnese (traduzione latina dell’aggettivo greco “pura” e “casta”) nacque a Roma da genitori cristiani, ma poco o nulla sappiamo della sua famiglia di origine, anche se alcune fonti affermano che provenisse da una illustre famiglia gentilizia, appartenente alla gens Clodia.

Sant’Agnese subì il martirio il 21 gennaio di un anno imprecisato: alcuni storici lo datano all’epoca della persecuzione dei cristiani operata da Valeriano (258-260); mentre, secondo altri, il suo martirio sarebbe avvenuto durante la persecuzione perpetrata dall’imperatore Diocleziano (304), nel corso della quale i cristiani furono uccisi in così gran numero, che tale periodo venne chiamato come l’”era dei martiri”.

Sant’Agnese, fin da giovanetta, consacrò la sua verginità al Signore. La sua particolare bellezza, già all’età di dodici anni, attirò molti giovani delle più nobili famiglie patrizie romane, tanto da indurli a chiederla in sposa; ma tutti, indistintamente, ricevettero il suo fermo e deciso rifiuto, in quanto Agnese aveva già dato tutto il suo cuore e se stessa al suo Sposo Celeste. Questa sua salda decisione rese chiara ed evidente la sua appartenenza alla fede cristiana: venne perciò accusata, arrestata e sottoposta ad ogni sorta di umiliazioni e di sofferenze morali, al fine di indurla a rinunciare alla sua fede in Cristo e a rinnegare anche quella sua ostinata e irremovibile decisione di conservarsi casta e pura agli occhi di Dio. Venne esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell’attuale piazza Navona e anche mandata al rogo: ma la tradizione vuole che le fiamme si divisero sotto il suo corpo, senza neppure toccarlo. Il giudice, allora, considerato vano ogni tentativo di farla desistere dal suo fermo proponimento e di farla recedere dal suo innato pudore, la condannò alla decapitazione.

Il suo corpo fu sepolto nella galleria di un cimitero cristiano, sulla via Nomentana. In seguito, sopra l’area cimiteriale che accoglieva le spoglie della santa martire, Costantina o Costanza, figlia di Costantino, fece erigere, in onore di Agnese, nel 342 la basilica, che presto cadde però in rovina. Nel VII sec., papa Onorio I fece edificare l’attuale chiesa di “Sant’Agnese fuori le Mura” (via Nomentana, a due km da Porta Pia).

Le reliquie di Sant’Agnese, attualmente, sono venerate nella chiesa di “Sant’Agnese in Agone” (piazza Navona, luogo del Circo Agonale) che ne conserva il cranio - fin dal Medioevo custodito nel “Sancta Sanctorum” lateranense e poi traslato, per volontà di Leone XIII, nella sua nuova sede -.

Il resto del corpo è custodito nella basilica di “Sant’Agnese fuori le Mura”: papa Paolo V (1615) dispose fosse riposto in un’urna argentea.

Dal VI secolo in poi prevale sempre più, nella iconografia, la raffigurazione di Sant’Agnese con l’agnello, simbolo della purezza e del sacrificio. A tale riguardo è utile ricordare che il 21 gennaio, nella basilica di “Sant’Agnese fuori le Mura”, ha luogo la benedizione (attestata fin dalla metà del sec XV) di due agnelli bianchi (antico tributo della chiesa al Laterano), con la cui lana si confezionano i sacri “palli” (insegne liturgiche onorifiche, prerogativa degli arcivescovi metropoliti, come simbolo della loro giurisdizione in comunione con la Santa Sede).

Dopo questo breve excursus storico, appare quanto mai opportuno fare una breve riflessione sulla virtù della castità, intesa come piena e completa donazione a Dio.

In Sant’Agnese la virtù della castità – come testimonia la sua vita – coinvolgeva tutta la sua persona, il suo corpo e la sua anima.

La castità del corpo si riferisce alla sua educazione morale, atta a tenere la santa lontana da ogni cosa immonda, da azioni dissolute, da parole, da gesti, da contatti che in qualche modo potessero rischiare di indurla alla lussuria. La castità del corpo era sorretta e sostenuta, in lei, dalla purezza del cuore: la martire testimoniò sempre la volontà di una ferma e vigorosa conversione a Dio, priva di ogni esitazione e libera da ogni ostacolo, affinché nulla potesse frammettersi tra lei ed il suo Creatore.

Alla castità del corpo si congiunse, dunque, la castità dell’anima - assolutamente inseparabile dalla prima – che poneva Sant’Agnese in una unione diretta e profonda con il suo Creatore, rendendola libera da ogni cosa che non provenisse da Dio, innalzandola alla felicità celeste e indirizzandola alla continua ricerca di Dio stesso, dapprima nella grazia e in seguito nella gloria.

Oggi, in un mondo sempre più secolarizzato e “tollerante” oltre ogni misura, la virtù della castità - fortemente voluta, perseguita e strenuamente difesa da Sant’Agnese, fino all’effusione del sangue - sembra rivolgere all’umanità un velato rimprovero: essa non può e non deve essere ritenuta come qualcosa di medievale, di arcaico o di desueto, ma una virtù decisamente attuale, di alto spessore morale. In modo fermo e risoluto, essa si pone in netta contrapposizione e in conflitto con la cultura del nostro tempo, sempre più priva di valori, emancipata dalla fede e dalla morale, nello spregevole annullamento di qualsiasi valore etico.

Possiamo, allora concludere con le parole di Sant’Ambrogio: “quanto più uno si diletta e gode della castità, tanto più egli è custodito e guardato dagli Angeli, i quali si compiacciono di conversare coi casti, perché li riconoscono simili ad essi”.

 

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