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Sproloquio su IA (intelligenza artificiale) e dintorni: riflessioni a margine della Nota “Antiqua et nova” - PRIMA PARTE

di Suor M. Caterina Gatti icms  

"Chiedi ad Alexa!"... quante volte, magari proprio noi stessi, abbiamo pronunciato queste parole? E chi non ha mai sentito parlare di ChatGPT? Alexa, assistente virtuale, e ChatGPT, chatbot, non sono altro che un esempio della cosiddetta "intelligenza artificiale" che ormai è sulla bocca di tutti. Forse, anche di chi non conosce realmente di cosa si tratti. Un robot che sembra un uomo? Una persona con dei microchip impiantati nel cervello? Un “esplosivo” mix uomo-macchina? Di cosa stiamo parlando esattamente?!

Ho iniziato tra il serio e il faceto, perché già di per sé la Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana “Antiqua et nova” (pubblicata il 28 gennaio 2025 a firma congiunta dai Prefetti del Dicastero per la Dottrina della Fede e del Dicastero per la Cultura e l’Educazione), che mi ha dato spunto per questo articolo, non è probabilmente un documento di facile lettura, perlomeno per chi non nutre un particolare interesse nei confronti di questo argomento. Eppure la cosa dovrebbe riguardare tutti, in quanto – volenti o nolenti – viviamo nel mondo; e, nello specifico, ci troviamo in una società dove ormai tutto è automatizzato e dove lo sarà sempre più, dove l’IA (da qui in poi userò questa sigla per definire l’intelligenza artificiale) sta facendo passi da gigante, settimana dopo settimana. Non si può dire “a me non interessa, non voglio saperne nulla”, soprattutto e a maggior ragione se siamo cristiani. L’argomento va approfondito e il tutto ci deve necessariamente interpellare. Permettete di fare qualche riflessione insieme a voi? Ne vogliamo parlare qui, cercando di ragionarci quel tanto che serve per capire magari qualcosina in più? Benissimo, allora iniziamo!

Più intelligenza, meno artificiale: persona umana VS macchina

Partiamo anzitutto dal termine "intelligenza" - lasciando un attimo da parte "artificiale" - e dalla sua definizione: nel dizionario ho trovato che essa è la "facoltà umana di capire, pensare, giudicare". Il sostantivo deriva, infatti, dal verbo "intelligĕre", che significa "capire". Ora, già questo a me suscita delle domande: un pc, un server, un macchinario, per quanto sofisticato possa essere, ha realmente la capacità di "capire?" Il computer può pensare davvero, è in grado di giudicare, di decidere? La risposta data di getto è sicuramente: "no, non può! Impossibile!".

Eppure, chi tra voi ha un po' di dimestichezza con l'informatica, penso che se ha provato ad usare ChatGPT o altri "chatbot", una sorta di sgomento interiore lo abbia provato. Alla domanda "come puoi definirti?" – che già dà l'impressione di parlare con una persona umana – ChatGPT mi ha risposto: "Mi definirei come un assistente virtuale progettato per aiutare le persone a ottenere informazioni, risolvere problemi e completare attività in modo efficiente e mirato. Posso rispondere a domande, aiutare con la scrittura, fornire spiegazioni, creare contenuti e molto altro…". All’interrogazione successiva, che viene spontanea ("pensi di avere un'intelligenza?", che ho posto a mo' di sfida e di canzonatura), il chatbot mi ha risposto che, in un certo senso, sì, ha un'intelligenza, ma non come quella umana. Proprio qui, in questa sua risposta, sta il punto fondamentale, la differenza, il dato che non dobbiamo mai dimenticare, perché ci ricorda che, per quanto un computer possa sembrare molto più avanti rispetto alla persona umana, in realtà non lo sarà mai: "la mia 'intelligenza' si basa su algoritmi e dati preesistenti piuttosto che su pensieri o consapevolezza. Posso risolvere problemi, rispondere a domande e fare calcoli, ma non ho esperienze, emozioni o percezioni come un essere umano. In altre parole, la mia 'intelligenza' è funzionale e orientata all'assistenza, non cognitiva nel senso umano". Sospiro di sollievo… Le macchine non potranno mai prendere il posto della persona umana, mai. Non, almeno, nei rapporti interpersonali, questo è certo.

Ecco perché Papa Francesco dice che “l’utilizzo stesso della parola ‘intelligenza’ in riferimento all’IA è fuorviante” (cfr. LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali), ed ecco il motivo per cui, come ben dice la Nota “Antiqua et nova”, l’IA non dovrebbe essere vista come una forma artificiale dell’intelligenza, ma come uno dei suoi prodotti. L’intelligenza umana, a differenza di quella “artificiale” non porta semplicemente a termine dei compiti funzionali, ma cerca di “capire e coinvolgersi attivamente nella realtà in tutti i suoi aspetti; ed è anche capace di sorprendenti intuizioni (cfr. n. 33). Il documento della S. Sede ben specifica che l’IA manca di quella ricchezza che caratterizza l’intelligenza umana: la corporeità, la relazionalità, l’apertura del cuore umano alla verità e al bene. Ecco perché l’IA, anche se sembra avere capacità infinite, in realtà è molto meno in grado di cogliere la realtà rispetto alla persona umana. Manca il vissuto, quell’ordito quotidiano in cui un uomo o una donna vivono ciò che un computer non potrà mai imparare e ciò da cui una macchina non potrà mai sperimentare: “da una malattia si può imparare tanto, così come si può imparare tanto da un abbraccio di riconciliazione, e persino anche da un semplice tramonto” (cfr. n. 33)

Continua …

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