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UN VERO CUORE DI CARNE

di p. Enzo Vitale icms

La chiesa celebra oggi la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, una delle principali e più diffuse tra le devozioni approvate dalla Chiesa Cattolica anche se – come affermò Pio XII nella sua enciclica sul Sacro Cuore, Haurietis Aquas – non si tratta di una tra le tante devozioni, ma la principale. Si chiedeva, infatti, Pio XII: «Si potrà forse trovare una devozione più eccellente del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, più conforme all’indole propria della religione cattolica, più idonea a soddisfare le odierne necessità spirituali della Chiesa e del genere umano?». La risposta, evidentemente, era negativa. Inoltre, Papa Pacelli non si limitava a segnalarne il posto privilegiato, ma ne presenta il fondamento biblico, il valore spirituale, l’attualità (e, sebbene scriva nella prima metà del secolo scorso, profeticamente, anticipa mali che sono oggi tristi realtà…).

La domanda che, però, ci poniamo è cosa, davvero, si celebra, cosa si ricorda.

Alcuni, sia oggi, come in un passato non molto recente, ritenevano che la devozione al Sacro Cuore non fosse direttamente legata al cuore di carne del Cristo, ma a qualcosa di più distante, spirituale, e sotto certi versi, lontano dalla vita concreta.

Oggi – è bene chiarire – la Chiesa ricorda il cuore su cui Giovanni, nell’Ultima Cena posò il capo e lo stesso cuore che, pur fermo sul legno infame della Croce, subì la trafittura ad opera di Longino per testare la morte del condannato più innocente della storia. E noi sappiamo che da quel costato «subito ne uscì sangue ed acqua» (Gv 19,34).

La verità e la fondatezza di questa devozione fu chiarita anche in risposta agli errori espressi da un Sinodo che si celebrò nel 1786 a Pistoia, dove, sotto la guida dell’allora vescovo, Scipione de’ Ricci, si pubblicarono una serie di definizioni e pronunciamenti contrari all’insegnamento della chiesa e che, in ragione della loro approssimazione ed erroneità, furono condannati con la bolla di Pio VI, Aucoterm Fidei, il 28 agosto 1794. Un esempio, quello del Sinodo di Pistoia, di come la Verità annunciata e insegnata dalla Chiesa può sempre meglio essere approfondita in situazioni in cui è messa in discussione.

Tra le tante affermazioni condannate ve ne sono alcune che meritano la nostra attenzione. La prima nel paragrafo Della preghiera (§ 10), in cui (al n° LXII) si afferma: «La dottrina la quale rigetta la devozione verso il sacratissimo Cuore di Gesù fra le devozioni che definisce nuove, erronee, o almeno pericolose» e «Intesa questa devozione come è stata approvata dall’Apostolica Sede». E poi l’affermazione seguente: «Similmente nel fatto che redarguisce gli adoratori del Cuore di Gesù, per il motivo che non riflettano non potersi adorare con culto di latria la santissima Carne di Cristo, o porzione di questa, o anche tutta l’Umanità separata o recisa dalla Divinità; Come se i fedeli adorassero il Cuore di Gesù separato o reciso dalla Divinità, mentre lo adorano come Cuore di Gesù, cioè Cuore della Persona del Verbo, al quale è inseparabilmente unito come l’esangue Corpo di Cristo fu adorabile nel sepolcro durante il triduo della morte senza separazione o recisione» (Della Preghiera, § 10, Appendice n. 32, LXIII).

Definizioni condannate da Pio VI e ritenute «falsa, temeraria, perniciosa, offensiva delle pie orecchie, ingiuriosa verso la sede apostolica» la prima mentre la seconda «capziosa, ingiuriosa dei fedeli adoratori del Cuore di Cristo».

Apparentemente il richiamare alla mente queste “discussioni” vecchie di qualche secolo sembra una questione di “lana caprina”. Ma chi dovesse pensarlo, deve però ricordare che sono queste apparenti sottigliezze che ci hanno donato la gioia di poter sostare, ad esempio, davanti ai tanti miracoli eucaristici sparsi in giro per l’Italia e non solo, dove – guarda caso – l’eucaristia si è manifestata come parti di un vero cuore umano (il miocardio, ad esser precisi) quasi a ricordare che davvero, quel Santissimo Cuore di Cristo si è spezzato per il tanto dolore patito anche a causa dei nostri peccati.

In definitiva, coloro, quindi, che sono convinti che nella devozione al Sacro Cuore si racchiude solo qualcosa di astratto, mancante di passione e di passionalità veramente e totalmente umana, sappia che si sta sbagliando perché il Cuore a cui oggi la Chiesa intera è invitata a rivolgere le proprie preghiere è quel «cuore che tanto amò il mondo» (Gesù a S. Margherita Maria Alacoque, 1675) da darsi completamente e morendo, in mezzo a immani sofferenze, nel modo più crudele che si possa immaginare: appeso al patibolo infame di una Croce.

 

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