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VERBUM CARO FACTUM EST

L’INCONTRO TRA L’UMANO E IL DIVINO

di Sr. Agostina Convertini icms

La celebrazione dell’Annunciazione ha origine già nei primi secoli del Cristianesimo. Essa è – potremmo dire – una festa condivisa tra Maria Santissima e Gesù Cristo. Ricorda, infatti, un dogma fondamentale della nostra fede: il concepimento verginale nel seno della Vergine, come raccontato nel passo del Vangelo di San Luca (Lc 1,26-38), che la celebrazione liturgica ci propone di meditare. Per questo, nell’Oriente del V secolo, era considerata una festa mariana, sebbene celebrata precedentemente anche nella Palestina del IV secolo come ricordo dell’Incarnazione del Signore, sempre il 25 marzo. Nei secoli successivi la festa sarà introdotta anche in Occidente, a volte in riferimento al Signore, altre volte a Maria; finché Paolo VI, nell’Esortazione apostolica Marialis cultus del 1974, fissandone la denominazione “Annunciazione del Signore”, preciserà che si tratta di festa congiunta, di Cristo e della Vergine.

Anche l’iter storico – e la difficoltà di “inquadrare” correttamente questa celebrazione nel corso dei secoli – evidenziano, dunque, come l’Annunciazione sia un evento cruciale e alto per la nostra fede, incontro tra l’umano e il divino. È infatti il momento dell’Incarnazione del Figlio di Dio, ma in esso Maria occupa un posto di prim’ordine. Per questo è naturale rivolgere gli occhi a Lei, in questo giorno, con stupore e gratitudine.

Come ci ricorda Basilio di Seleucia, vescovo di Costantinopoli del V secolo, in questo giorno si compì un grande mistero: «Un figlio che era padre della genitrice; un bimbo preesistente alla madre; un fanciullo più antico dei secoli […]; non era un semplice uomo, ma il Verbo di Dio incarnatosi dalla Vergine e rivestitosi di una carne a me consostanziale, al fine di salvare il simile con il simile» (Omelia sulla Madre di Dio).

In questo giorno, il Verbo di Dio si è consegnato alla Vergine, facendo affidamento sul consenso libero di una sua creatura. «Egli scelse la madre che aveva creato; creò la madre che aveva scelto», scrive sant’Agostino (cfr. Sermo 69, 3, 4). E così, incarnandosi nel grembo di Maria, Dio dà inizio a una nuova storia; e lo Spirito Santo riveste la vita di Maria, rendendola idonea alla sua missione. Il Figlio di Dio diventa “Figlio dell’uomo”; e, partecipando a ciò che è inferiore, ci rende partecipi delle cose più alte.

Tutta la creazione, in questo giorno – come ci ricorda il saluto stesso dell’arcangelo Gabriele a Maria: “Rallegrati” –, reca un gioioso annuncio: il nostro dolore è finito! È una gioia che proviene dalla Grazia, cioè dalla certezza della comunione di Maria Santissima. Ma con Dio. Una comunione che Le permetterà di spalancare la porta al suo Creatore, di mettersi nelle sue mani, senza limiti. Ella vive già interamente della relazione con il Signore; per questo è in ascolto, attenta a cogliere i segni di Dio nel cammino del suo popolo, e può liberamente aderire alla parola ricevuta, alla volontà divina, nell’obbedienza della fede.

È l’annuncio più importante della storia! Eppure, esso avviene in un luogo sperduto della Galilea, nell’anonimato della casa di una giovane chiamata Maria, «segno che il nuovo incontro di Dio con il suo popolo avrà luogo in posti che normalmente non ci aspettiamo, ai margini, in periferia» – come ci ricorda papa Francesco (Omelia, 25.03.2017).

Maria Santissima entra nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4) con il suo limpido “sì”, con il quale si abbandona completamente a Dio. Il suo “io” umano coopera perfettamente con la Grazia di Dio e si rende disponibile all’azione dello Spirito Santo, il quale perfeziona continuamente la fede, mediante i suoi doni.

Ci insegna, così, che affidarsi a Dio significa cogliere come l’impossibile diventi possibile per la forza dello Spirito Santo. Infatti, «Maria concepì Cristo prima nel suo cuore con la fede, che fisicamente nel suo grembo. Maria credette e si compì in Lei ciò che credeva» (Sant’Agostino, cfr. Sermo 215, 4).

Ancora oggi, però, Dio continua a cercare cuori come quello di Maria, disposti a fidarsi completamente di Lui, disposti a dirgli “sì”, pur sapendo che questo certamente cambierà qualcosa nella loro vita: ma sempre in meglio, trascinandoli verso la propria autentica “forma”, verso il proprio vero fine.

Chiediamo al Signore, allora, di essere capaci, come Maria, di accogliere nel nostro cuore la Sua Parola e con umile coraggio di interrogarci, di interrogarlo: ma, infine, di saperci affidare, con docilità e costanza, a Lui.

 

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