Pillole di SpiritualiTà
Coltiva l'intimità con lo Spirito Santo — il Grande Sconosciuto — perché è Lui che ti deve santificare. (San Josemaría Escrivá)
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"Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna"
Vangelo
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,60-69)
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Parola del Signore.
Spunti di riflessione
Le letture di questa domenica ci mettono davanti a una decisione da prendere, decisione a cui poi siamo chiamati a rimanere fedeli, nonostante le esigenze che essa comporta.
Giosuè nella prima lettura si rivolge al popolo con le parole “sceglietevi oggi chi servire”, ma non si tratta di una scelta temporanea, è una scelta per la vita, che va mantenuta nella buona e nella cattiva sorte, come nel matrimonio, di cui si parla nella seconda lettura.
Il Vangelo si inserisce in un discorso già iniziato da tre domeniche sul pane della vita. «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (Gv 6,35) dice Gesù ai suoi ascoltatori, ma quando comincia a spiegare, e parla di nutrirsi del suo corpo e del suo sangue, ecco che i discepoli (non le folle, i discepoli, i più vicini dunque) dicono che “questa parola è dura” , cioè esprimono tutta la loro fatica di fronte al messaggio ascoltato, e cominciano ad andarsene.
Perché la parole è dura? Probabilmente perché di solito noi cerchiamo solo parole compiacenti, che confermano le nostre idee o che sono vantaggiose per la nostra vita, che non comportano impegni o esigenze troppo gravose.
Ma Gesù propone un modo diverso di vivere, e ci mette davanti parole che ci mettono in discussione, che ci fanno crescere, che a volte feriscono, ma non ci illudono. Le parole sono dure perché non ci lasciano come ci hanno trovato: se le accogliamo comportano un cambiamento di vita, perché ci mettono davanti alle esigenze che ci portano ad una relazione vera, intima con Lui, ad un coinvolgimento che ci impegna, un rapporto di reciproca consegna.
La scelta di rimanere con Lui ci chiede una fedeltà non solo esteriore fatta di riti ed esercizi di culto, ma che riguarda una autentica conversione, un rapporto vivo con Cristo, fatto di dialogo e fiducia.
Se accolto nella sua profondità, allora, il discorso di Gesù richiede responsabilità, docilità e impegno per lasciarsi assimilare al suo modo di essere, ai suoi criteri, alle sue motivazioni, per fare nostra anche la sua missione. Perché chi mangia e beve di Lui diventa partecipe e portatore di Lui.
Anche nei nostri rapporti umani ordinari, nella vita familiare di cui ci parla la seconda lettura, viviamo questa fatica: man mano che la conoscenza si fa più profonda e più vera, più ci si coinvolge, più sperimentiamo la durezza della fedeltà e delle rinunce che essa comporta, la dimenticanza di sé per dare spazio all’altro, e arriva anche lì la tentazione di tornare indietro, di riappropriarci della nostra autonomia, ma assecondando questa idea finiamo per sentirci privati della nostra parte più vera. Amare veramente significa non sottrarsi alle esigenze che la relazione comporta.
Gesù conosce bene il cuore dei suoi discepoli, la loro debolezza, eppure non abbassa i toni del discorso, non li ferma, non si mette a ragionare né a patteggiare, ma con fermezza dice ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?”, facendoci capire che in quelle parole difficili da comprendere sta il progetto di amore del Signore per ciascuno.
Credere non significa comprendere tutto - il mistero resta tale -, ma significa aderire e compromettere la vita seguendo il Signore, rimanendo con Lui. Come S. Pietro che risponde con quello che il suo cuore, più che la sua intelligenza, gli suggerisce e gli assicura: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
Nessuno può essere sicuro della sua fede in futuro, anche noi possiamo correre il rischio di abbandonare il Signore, e, di fatto ce ne allontaniamo con i nostri peccati. Impariamo allora da san Pietro la certezza interiore che solo in Cristo sta la risposta autentica e piena, e rinnoviamo ogni giorno la scelta di rimanere con Lui.
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